domenica 2 novembre 2008

Ontologie dell’uomo qualunque
Di seguito sono riportati in ordine alfabetico (col cognome) oltre trenta scambi epistolari, che ancora continuano con altrettanti amici da tutta l’Italia. Per me erano del tutto sconosciuti fino al 4 settembre 2008, quando, grazie alla pubblicazione sul Corsera di una mia lettera (qui sotto riportata), iniziò tra noi un insperato, spontaneo e avvincente scambio di opinioni, esperienze, conoscenze e intuizioni sui massimi problemi dell’esistenza.
Di essi solo uno mi ha creato alla fine qualche problema, travisando una mia innocente battuta sull’origine del suo nome; perciò non mi sono permesso di comprenderlo nell’elenco seguente.
Altri due non hanno voluto che la nostra corrispondenza fosse divulgata.
Altri hanno dato il benestare al testo ma chiedendo l’anonimato, che ho mantenuto.
Infine un altro s’è perso a causa di un errore tecnico alla sua email (Pippo se ci sei batti un colpo). Ringrazio tutti questi 35 amici, che hanno accettato di condividere con me quest’esaltante e originale avventura, esponendosi in prima persona, liberamente, apertamente e spassionatamente. Ritengo di interpretare tutto il gruppo invitando i potenziali, prossimi e numerosi (speriamo) lettori a sviluppare questo embrione di discussione, scendendo in campo. Osservo che l’esiguo numero di 35 persone, che hanno sentito il problema, la dice lunga sulle percentuali che la mia lettera aveva “sparato”.
In particolare ringrazio l’amico Sergio Romano, che lanciando il messaggio dal suo alto trampolino ha consentito tutto questo.


La mia lettera a Sergio Romano sul Corsera di giovedì 4 Settembre 2008
Ricerca difficile (il senso della vita)
Caro Romano, il 90% delle persone non sa perché vive, lavora, procrea e muore e non sa neanche di non saperlo.
Il 9% crede di saperlo, i religiosi in positivo e gli atei in negativo.
Lo 0,9% non lo sa e sa di non saperlo, ci pensa e ripensa freddamente e «professionalmente», sono i filosofi e gli agnostici.
Infine ci sono io che non lo so, so di non saperlo, mi angoscio, mi dispero e non riesco a capire tutti gli altri, che comunque mandano avanti quest’assurdo mondo senza senso. Perché?
Guido Martinoli, guido.martinoli@libero.it



Risponde Sergio Romano.

Credo che il quadro da lei dipinto sia verosimile.
Ma non posso rispondere alla sua domanda.
Posso soltanto suggerirle, pragmaticamente, di unirsi a una delle categorie descritte nella sua lettera.
Si sentirà meno solo.










1) Franco Baroncini agnostico attento e indagatore
Tra i più brillanti e spiritosi con poco tempo da spendere ma certo tanta voglia di sapere.


Caro Martinoli
Immagino abbia ricevuto innumerevoli email, perché la sua lettera pubblicata oggi sul corriere era davvero simpatica.
Non appena avesse una risposta ….... la prego me ne faccia partecipe.
Cordiali Saluti Franco Baroncini
franco.baroncini@sincron.it

GM. Caro Franco Lei è il decimo per adesso e sono le 19 di mercoledì 4 settembre.
M'hanno scritto di tutto, a favore e contro, ai limiti dell'esaltazione e del disprezzo.
Un certo filic mi consiglia il suicidio con un proiettile di merda ...... boh.
Ovviamente Lei le batte tutte in concisione e in ironia. M’impegno a soddisfare la sua richiesta che spero sia seria. Ci vorrà qualche tempo, Lei capirà la difficoltà ..........
Comunque non disperi. A presto e grazie
Guido Martinoli


Caro Guido,
certamente la richiesta è seria: penso di attraversare, se non durante la giornata almeno durante la settimana, tutte 3 le categorie da lei citate a seconda dello stato d´animo del momento. Mi pare fosse sant´Agostino che diceva "non mi cercheresti se non mi avessi già trovato"; io m´interrogo anche se basicamente sono agnostico.
A presto Franco

GM. Caro Franco, come richiestole con la mia ultima lettera, che spero Le sia giunta, Le ricordo di comunicarmi l’eventuale disponibilità a divulgare i suoi scritti.
Anch’Io mi considero agnostico, sofferto e indomito, curioso e a tutto campo.
Una puntualizzazione: come può essere tutte le categorie in tempi diversi? Lei dice di essere agnostico, come me, ebbene rientra nello 0,9 per cento, decimo più, decimo meno.
Attendo sue notizie, grazie
Guido Martinoli


Caro Guido
Sono due i motivi per cui non ho prontamente risposto alla tua (passiamo al tu ?):
primo, un momentaneo picco di lavoro (sono in pensione da 6 anni ma mi diverto troppo a lavorare !);
secondo, ho entrambe le braccia ingessate e faccio fatica a scrivere (batto sui tasti con una matita). Sono un ciclista della domenica ed un paio di settimane fa ho avuto uno stupido incidente e mi sono fratturato mano dx e gomito sx: al 17 mi tolgono i gessi e spero di ripartire come prima.
Certamente ti autorizzo alla divulgazione dei miei scritti: spero solo che abbiano veramente un po’ di valore. Con altro email ti giro invito per partecipare ad una serata su Krishnamurti; era un formidabile pensatore indiano morto una ventina di anni fa; potrebbe essere l’occasione per incontrarci.
Saluti, Franco





2) Bianca (romantica, avvinta dallo stupore per il mondo)
E’ una figura classica nelle interpretazioni dell’essere, quella che esclude il caso per un evidente presunto ordine e finalità dell’universo. Il limite è che anche l’ordine può essere un presunto valore del tutto culturale e non necessariamente naturale.


Egregio signor Guido Martinoli, mi permetto di scriverle perché la sua lettera al Corriere della Sera di giovedì 4 u.s. mi ha molto colpito.
Il consiglio che le ha dato Sergio Romano, di unirsi ad una delle categorie da lei descritte non è male però a quale?
Mi sembra dalla sua lettera che lei sia una persona molto intelligente, perché il semplice fatto che si ponga questa domanda, che per me è sempre stata l'unica che in assoluto valga la pena di porsi, lo dimostra.
Ora proviamo a dare, se possibile, una risposta, o, almeno, quella che mi sono data io, che non pretendo sia la più giusta, ma è l'unica che io sia stata in grado di darmi e quindi di darle.
Lei dice una cosa grandissima: "non riesco a capire tutti gli altri, che comunque mandano avanti questo assurdo mondo senza senso."
E' proprio da qui che io sono partita, cioè questo mondo nel quale io mi sono trovata, sono stata "gettata ad essere" è completamente assurdo se non...
Se non cosa? Se non ce ne diamo una spiegazione.
Allora questo mondo è veramente assurdo o non è piuttosto di una bellezza e perfezione incredibili, talmente bello e perfetto da sembrare a noi assurdo?
Pensi solo al miracolo della vita. Scelgo questo perché è il più facile nel senso che lo sappiamo tutti: da due "mezze cellule" si forma una nuova piccolissima cellula che "assurdamente" ha già in sé tutto il suo patrimonio genetico, non ha più bisogno di nulla se non di essere nutrita, come ognuno di noi, e diventerà un essere umano (o anche un animale, non è meno miracoloso) con ossa, muscoli, cervello...
Se poi vogliamo guardarci intorno verso il cielo cosa c'è di più perfetto del nostro sistema solare, in cui ogni stella o pianeta sa qual è il suo compito, cosa deve fare...
E quanti sistemi solari esistono nella Via Lattea, tutti perfetti, tutti composti da un sole e da pianeti che ruotano con la massima precisione?
Non voglio addentrarmi oltre lascio a lei che ne saprà senz'altro più di me.
Passiamo al piccolo: abbiamo nominato prima una cellula, ma una cellula è già enorme.
Cito testualmente da "Il Tao della fisica" di Fritjof Capra a pag. 60
"... fu dapprima verificata l'esistenza dell'atomo, poi vennero scoperti i suoi costituenti - il nucleo e gli elettroni - e infine i componenti del nucleo - i protoni e i neutroni - e molte altre particelle subatomiche."
E a pag. 259 "Lo studio delle particelle subatomiche e delle loro interazioni rivela quindi l'esistenza di un grande ordine."
Per quanto l'uomo studi e scopra realtà nuove e affascinanti, alla fine si rende conto solo di quanto è piccolo e ignorante.
Penso ci sia più differenza tra uno scienziato e il Sapere di quanta ce ne sia tra un analfabeta e uno scienziato.
Ora io mi domando è più razionale pensare che tutto questo si sia creato "per caso" o che un'intelligenza superiore abbia dato l'avvio a tutto ciò?
Concluderò con la famosa frase di Blaise Pascal:
"O Dio esiste o Dio non esiste. Per quale di queste due ipotesi volete scommettere?”
Per nessuna della due. La risposta giusta è non scommettere affatto.
Vi sbagliate. Puntare è necessario, non è affatto facoltativo. Anche voi “siete incastrato."
2Prendiamo il nucleo, che un tempo si riteneva fosse la parte più piccola della materia...
Non se ne parla nemmeno. Dentro al nucleo
Bianca

GM. Cara Bianca
mi scuso per il ritardo e nel ringraziarla dell’attenzione Le ricordo di comunicarmi la disponibilità a divulgare la sua interessante lettera.
Vengo ai contenuti. In tutta franchezza, se proprio mi devo associare, m’inserisco tra gli agnostici indomiti e angosciati.
Ritengo emblematico (seppure molto diffuso come atteggiamento nell’opinione pubblica) che anche Lei mi consideri intelligente per il solo fatto che mi ponga quelle domande.
Le ricordo il fatidico novanta per cento delle persone (in aumento) che non sa e non sa neanche di non saperlo. Del resto, quali altre domande dovrei pormi Io, o dovrebbe porsi l’uomo, animale intelligente per definizione, anzi ciascun uomo (o donna), come peraltro Lei stessa conferma in seguito. Eppure quelle domande se le pongono una sparuta minoranza (certificati 35 tra i lettori di Sergio Romano) e già questo basterebbe a dire che il mondo meraviglioso, di cui poi parla, è a dir poco …… migliorabile.
Già, appunto, l’annosa questione delle meraviglie del creato. Le ricordo che affermare che nell’universo domini l’ordine (cosmos) o il disordine (caos) è tuttora da decidere, tra l’altro dopo aver definito i due estremi del contendere.
Le ricordo che, anche se lontani da noi anni luce, nell’universo le galassie, le stelle e i pianeti si scontrano e scoppiano, disgregando e disperdendo continuamente e a casaccio enormi quantità di materia nel buio profondo, producendo un polverone incredibile che è tutto tranne che ordinato.
In tutta franchezza che vinca l’ordine o il disordine non m‘importa molto, giacché considero essenzialmente emotivo e forse culturale ritenere meraviglioso e dunque migliore l’uno rispetto all’altro. Semmai dei due “sarebbe migliore” quello che ha senso, mentre l’altro, devo supporre, non ne ha. Ciò che importa è che uno vinca, cioè che si possa affermare l’assoluto ordine (necessità) o l’assoluto disordine (caso) e perché. Solo se arriveremo a tanto, potremo considerare terminata la ricerca e raggiunti la verità e il senso.
Infine rispondere e schierarsi sull’esistenza di Dio, Cara Bianca, non mi sembra debba per forza comportare una scelta estrema, sì o no. Intanto né l’una né l’altra sarebbero per ora giustificabili, se non (l’una e l’altra) con la fede. Anche l’ateo, infatti, è un credente, nel senso che crede, senza dimostrarlo, che Dio non c’è. Io, che non so credere, rispondo coscientemente, faticosamente ma necessariamente un sofferto “non so, ci sto pensando, non faccio altro tutto il giorno”.
A presto cara Bianca Guido Martinoli

Caro Guido,
non voglio lasciar passare troppo tempo senza una risposta, anche se mi piacerebbe - ma poi lo farò - rispondere avendo un po' più di tempo a disposizione.
Non voglio neanche pensare quanto tempo dovrà impiegare lei per rispondere a noi tutti.
A me 35 non sembrano poi così pochi, perché non credo proprio che solo noi che abbiamo risposto siamo persone che pensano a certe cose.
Non sono neanche molto d'accordo che "il 90% delle persone non sa perché vive...", mi sembra una percentuale troppo alta, mentre sono senz'altro d'accordo che il 90% delle persone si comporti come se... e lei si senta snobbato e abbia l'impressione di essere incompreso e pensi che a nessuno interessi l'argomento.
Anche a me dà spesso questa impressione, ma ho l'idea che sia perché è un discorso che fa un po' paura, si teme di essere fraintesi, non è certo un discorso "da salotto", ma se poi mi trovo a tu per tu con una persona, in una particolare circostanza, allora magari scopro che anche lei si pone le mie domande.
Innanzitutto volevo farle sapere che mi sembra un'ottima idea quella di raccogliere tutte le varie risposte e renderle disponibili. Citi pure anche la mia, con l'indirizzo e-mail.
Mi è piaciuta molto la sua definizione che anche l'ateo è un credente, solo che crede che Dio non c'è. E penso che come in ogni credente c'è sempre un dubbio (non so se ricorderà la "Cattedra dei non credenti" presieduta dal Cardinal Martini), così in ogni ateo non può non esserci un dubbio che forse si sbaglia e Dio c'è.
Vorrei ancora aggiungere che mi fa molta tristezza che lei si definisca "angosciato", anche se capisco benissimo che non possa essere diversamente, finché non si sarà dato una risposta che la possa almeno in parte soddisfare, mentre io mi sento molto felice delle risposte che mi sono data, anche se non mi bastano mai e mi fanno desiderare continuamente di approfondire.
Le lascerò questa piccola poesia che non è mia, ma rende bene l'idea di quello che voglio dire.

OLTRE
C'è in noi un fremito verso l'oltre.

C'è in noi una spinta oltre,
siamo sempre in tensione
verso una méta più alta.

C'è in noi una fame di superamento
del proprio orizzonte,
verso una méta oltre.

E' una fame indotta da Dio
Dio ci vuole oltre:
sempre migliori
sempre più in alto,
sempre verso di Lui
sempre e solo Lui.

Un’altra volta le risponderò su ordine e disordine, luce e buio, mondo e supermondo...
Nel frattempo pensi a quanto deve essere bello che "nell'universo le galassie, le stelle e i pianeti si scontrano, scoppiano e disgregano..." che stupenda descrizione me ne ha fatta.
E pensi all'uomo (intendo essere umano!) che è l'unica forma di materia vivente che sappia fare Scienza, studiare, riflettere, cercare di capire, è l'unica forma di materia vivente che possa dire "ci sto pensando, non faccio altro tutto il giorno".
Complimenti davvero.
A presto Bianca - Milano –



















3) Eugenio Bevilacqua (indagatore, attento e aperto a tutto)
Un ricercatore del profondo, che non esita a seguire strade strane, paurose e misteriche come lo spiritismo; provare per credere …..


Gentile Martinoli, Romano le dice di trasferirsi in una delle categorie descritte.
Se invece lei non ha intenzione di traslocare e comunque non vorrebbe essere solo nella propria categoria, allora la consolo dicendole che ci appartengo pure io. Saluti.

GM. Egregio Bevilacqua
La ringrazio per l'interessamento e la partecipazione. Mi sento già meno solo. Peraltro ritengo che siamo in più di due, in questa disperata condizione senza soluzione. Certo ritengo altamente improbabile traslocare negli altri settori, certo più numerosi ma per così dire "più bassi".
In fondo la quantità non m’interessa preferisco la qualità e l'intelligenza.
Se crede, possiamo restare in contatto e scambiarci riflessioni e contenuti, ovviamente di carattere esistenziale o apertamente metafisico. Per me è tremendamente raro incontrare persone di un certo spessore mentale. Nel concreto se può servire Le dirò che, coerentemente coi miei presupposti, non sono un democratico, non voto e considero la Repubblica di Platone il miglior sistema di governo, quello dove al potere c'è il pensiero e dunque i filosofi.
Dirà che sogno e utopia mi affascinano, eh!
Peraltro mi tocca dirLe che in realtà Io sono un Ingegnere e non un filosofo, ahimè.
Colgo l'occasione per mandarle una mia divagazione ontologica sulla genesi biblica (“Un Dio Intermedio” vedi appendice NDA). Se vuole mi mandi qualcosa di suo e di affine o altro di spessore naturalmente (per gente come noi).
A presto carissimo. Ci conto
Guido Martinoli


Gentile Martinoli,
Ho letto con interesse le sue considerazioni e l'interpretazione dell'alleanza tra Dio e l'Uomo. Le confesso però di arenarmi di fronte al pensiero che Dio abbia bisogno di una sua creatura per cercare di raggiungere l'Assoluto. Quest’opzione sposta i termini del mistero, senza però avvicinarci a comprendere il senso dell'esistenza.
Da qui in avanti si può certo speculare sulle intenzioni di Dio: che richiedi un essere "meno evoluto" per accumulare attraverso di esso esperienze legate alla materia che lui non è in grado di maturare in quanto essere spirituale e che reputa necessarie al suo scopo? Potrebbe essere. O potrebbe solo essere una mia elucubrazione.
Ammetto di non aver prodotto nella mia vita nessun lavoro sull'argomento, ma solo dei pensieri che cerco di strutturare mentalmente a mio beneficio per raggiungere un po' di serenità tentando di abbozzare una spiegazione razionale sul senso dell'esistenza e sulla possibilità di una vita dopo la morte. A questo riguardo, se già non l'ha fatto, le consiglio di leggere un libro che per me è stato illuminante; s’intitola "Rapporto dalla dimensione X" di Giorgio De Simone e riporta i colloqui con un'entità' ultraterrena molto illuminante. Non so cosa lei pensi dello spiritismo ma le assicuro che la lucidità del pensiero e la logica semplice e profonda di queste comunicazioni meritano di essere conosciute.
Ho trovato in questo libro delle spiegazioni che con la loro forza smascherano la banalità e l'infondatezza di molti dei dogmi della Chiesa o dei castelli di carta costruiti da molti pensatori del passato. Non le anticipo nulla perché è giusto che lei, se lo vorrà, scopra quest'opera. Le posso dire che non partecipo a sedute spiritiche e non sono in nessun modo legato all'autore; quando ho preso in mano questo libro, avevo la mente libera da condizionamenti particolari. L'avviso che il testo è a tratti molto impegnativo (non penso ciò sia comunque un ostacolo per lei) e la invito a non farsi un’impressione sbagliata a causa della trovata pubblicitaria da parte dell'editore di allegare all'opera un CD con le sedicenti voci di spiriti. Il testo penso la colpirà, se avrà la voglia di affrontarlo con attenzione. Gradirei confrontarmi con lei dopo che lo avrà letto, se le interessa. Mi faccia sapere se intende accogliere la mia proposta. Mi farebbe piacere.
A risentirci,
Eugenio Bevilacqua

GM. Caro Eugenio
La ringrazio della critica mirata sul mio trattatello teologico. Non pretendo di saperne più di Dio.
La mia è solo una delle tante interpretazioni della genesi.
Come bene Lei ha dedotto, le confermo che il mio fine è di evidenziare che nella Genesi, la mancata giustificazione del perché questo Dio (intermedio) crea l’essere, potrebbe dipendere da una sua stessa impotenza sovrannaturale e metafisica, nei confronti della conoscenza di un assoluto anche o ancora a lui superiore.
Dello spiritismo ammetto che ne so ben poco. Non l’ho mai approfondito anche se mi affascina. Non escludo nulla a priori. Peraltro ritengo manchi ancora di un consolidato connotato scientifico. Non penso esista una spiritologia o altro di simile. Di pseudoscientifico conosco per ora solo la parapsicologia, che comunque ha già sviscerato non poco su quello strano mondo. Le confesso e me ne vergogno che leggo pochissimi libri, solo saggi e niente romanzi. Tenterò di leggere quanto mi propone ma non garantisco che arriverò alla fine, ahimè. Non ho la pazienza giusta.
Mi dice qualcosa riguardo la divulgabilità dei suoi testi? Grazie.
A presto se vorrà.
Guido Martinoli

Gentile Guido,
Le rispondo con un bel ritardo. Sarà perche' in questi giorni le questioni "terrene" mi danno un po' di tregua o, piu' semplicemente, perche' le forzate visite ai cimiteri di questi giorni mi hanno fatto pensare con piu' insistenza all'argomento.... comunque, ho trovato il tempo e la motivazione per risponderle. Le dico con piacere che e' proprio nello spiritismo che mi sembra di poter trovare quel consolidato connotato scientifico nella ricerca della realta' ultraterrena che anche lei va cercando. I miei studi non sono stati scientifici ma ho sempre cercato un approccio logico e razionale nell'identificare le ragioni delle cose e le soluzioni dei problemi. In parole povere, le ideologie (in questo caso quelle religiose) e le verita' confezionate da altri non mi hanno mai conquistato se in contrasto con la ragione e in mancanza di PROVE. Purtroppo, io non sono in grado di darle la prova che esistono le prove dell'esistenza dell'aldila'. Ci sono pero' persone con formazione scientifica che sostengono di averle e le presentano pure; p. es. Padre Francois Brune nel suo libro "I morti ci parlano" (anche se la traduzione dal francese non e' la migliore). Lei dice di leggere poco: come me. Di leggere solo saggi e niente romanzi: come me. Ebbene, visto che entrambi siamo dei nudi razionalisti le consiglio veramente di affacciarsi ai testi parapsicologici che le ho nominato. Sarebbe d'aiuto anche a me confrontarmi sugli stessi con una persona che non parta da schemi mentali precostituiti - sia in positivo che in negativo - sull'argomento. In questo modo potremmo approffondire il dibattito. Se devo essere sincero, per me il problema del senso dell'esistenza non e' cosi' dilaniante come invece lo e' sapere se l'aldila' esista per davvero. Se esiste ci sara' dato di scoprire, forse mi illudo, anche il senso del tutto (o di avvicinarci a scoprirlo: se davvero lo conoscessimo forse non ci priveremmo dell'interesse a vivere la nostra esistenza - materiale o spirituale che sia? Questo non sarebbe un problema ancora maggiore di quello di non conoscere?). Per concludere: ho letto in parte il lavoro ciclopico di risposte e assemblamento del materiale di chi le ha scritto. Mostra di avere un grande rispetto che le persone prestando loro attenzione e cercando di capirle - anche se a volte (ahi noi) non lo meriterebbero davvero per la superficialita' o la volgarita'. Questo le fa' onore.
A presto,
Eugenio Bevilacqua (Varsavia)






4) Ferruccio Bolognani (romantico e antropofilo)
Vicino alla posizione di Bianca. Anche lui sembra amare la vita in tutte le sue forme, compresa l’animale e l’ambientale. Scettico sull’uso estremo del pensiero e dunque lontano da filosofi e intellettuali.


Ho letto la risposta sul Corriere della Sera che Sergio Romano le ha dato.
Anch’io condividevo i suoi interrogativi fino a che, un giorno, ho colto un ciclamino. Fragile, sul lungo stelo, sembrava dicesse: «Ecco ho raggiunto la ragione del mio essere. Quasi dimenticato con tanti altri ciclamini nel bosco, a te ho regalato il mio profumo fragrante. Posso anche appassire in un bicchiere di acqua e morire tranquillo, sapendo di aver vissuto per uno scopo».
In una trasmissione radio ho ascoltato il rimprovero che una vedova faceva ad un sacerdote che alcuni mesi prima la invitava a trovare rassegnazione per la morte del marito con la preghiera. Non era stato vero. Lei aveva trovato la ragione della sua esistenza visitando ogni giorno le persone abbandonate in un Ospedale e nella Casa di riposo. La sua vita aveva assunto un valore.
Abbandonando le teorie dei filosofi, degli atei e dei religiosi ho trovato anch’io la ragione di esistere nell’aiutare due fratelli invalidi mentali. E da allora so perché sto vivendo, anche se oramai ho più di settant’anni. Non mi angoscio e spero che altri trovino la mia serenità senza farla dipendere da teorie agnostiche o dal pensiero che questo mondo è assurdo. Nel cantico delle creature di San Francesco mi sento rinascere a nuova vita.
Cordialmente, Ferruccio Bolognani
Febo2308@libero.it

GM. Caro Ferruccio
Non è il solo a pensarla così anche, e non solo, tra i 35 che mi hanno scritto.
Come la invidio e, La prego, non mi fraintenda!
Vivere aiutando, com-patire gli ammalati, gli sfortunati, amarli. Che importa se è inutile (moriranno comunque prima o poi), gratuito e senza senso. O forse un senso ce l’ha ma non lo conosciamo. O forse non ce l’ha, pazienza, non c’abbiamo perso (né guadagnato) niente.
Fare il bene o fare il male, perché? Anch’Io non so che dirle.
Lo smarrimento qui quasi travolge e diventa un rompicapo, un assurdo.
Si armi di coraggio, mi segua e costaterà (nel caso lo ignorasse) che bene e male possono perfino collaborare e scambiarsi di posto.
1) Forse saprà che gli gnostici (una delle prime eresie dopo Cristo) consideravano il corpo come il carcere dello spirito e bramavano il giorno della morte come una liberazione, un ritornare dello spirito immortale (anima) allo stato puro e primordiale della conoscenza e della verità. Proclamavano una sorta di morale alla rovescia. Vedevano nella creazione la somma tragedia per l’uomo e la vita terrena come una specie di espiazione. Facile intendere come considerassero la cura dei malati o lo stesso suicidio.
Ora mi dica, caro Ferruccio: “Possiamo dargli torto?”. Lei certo non li approverebbe, eppure saprebbe dimostrare che sbagliavano? In che modo? Ci provi e capirà che è arduo e forse non si può. Quando c’è di mezzo la fede ……
2) Un’altra corrente di pensiero contemporanea di Cristo (forse una setta deviata dei Sadducei ma non vorrei sbagliarmi), aveva teorizzato e progettato una specie di fabbrica di angeli. Teorizzavano a tal fine la soppressione sistematica dei neonati, subito dopo averli battezzati e così purificati dal peccato originale. Non potendo peccare e liberati del fardello involontario lasciato loro da Adamo, essi avrebbero così meritato il sacrosanto diritto al paradiso. Ovviamente al confronto sarebbe stato del tutto irrilevante l’aver mancato di vivere le effimere e leggere gioie terrene. Ma badi bene, la soppressione diventava addirittura un gesto estremo d’amore, giacché avrebbe conseguito l’eterna felicità per quei bimbi. Al contrario, sarebbe costato l’inferno all’omicida, che avrebbe sacrificato addirittura la sua anima per amore.
Pensi a cosa può portare la compassione e la fredda razionalità e, il tutto, senza fare una grinza…
Semplicemente gli gnostici, i Sadducei e molti altri, avevano una …. Fede, come ce l’ha Lei, come ce l’ha l’islamico, l’induista ecc ecc. Come ahimè non ho Io.
Nella mia ultima missiva le chiedevo della disponibilità a divulgare i suoi testi. Mi fa sapere?
Caro Ferruccio, La saluto e ringrazio caldamente.
Guido Martinoli guido.martinoli@libero.it


Tra le altre cose mi scrivi:
“Forse saprà che gli gnostici (una delle prime eresie dopo Cristo) consideravano il corpo come il carcere dello spirito e bramavano il giorno della morte come una liberazione, un ritornare dello spirito immortale (anima) allo stato puro e primordiale della conoscenza e della verità. Proclamavano una sorta di morale alla rovescia..... ecc
Un’altra corrente di pensiero contemporanea di Cristo (forse una setta deviata dei Sadducei ma non vorrei sbagliarmi), aveva teorizzato e progettato una specie di fabbrica di angeli. Raccomandava a tal fine la soppressione sistematica dei neonati, subito dopo averli battezzati e così purificati dal peccato originale.... ecc”
Purtroppo non sono in grado di seguirti nei tuoi dubbi e nella ricerca di certezze lontane dal tuo ambiente, perché mi perderei nella citazione di espressioni, anche in contraddizione fra loro, raccolte nei testi della letteratura e della filosofia.
Preferisco citarti quanto ti ho già scritto il 9 settembre.
Abbandonando le teorie dei filosofi, degli atei e dei religiosi ho trovato anch’io la ragione di esistere nell’aiutare due fratelli invalidi mentali. E da allora so perché sto vivendo anche se oramai ho più di settanta’anni. Non mi angoscio e spero che altri trovino la mia serenità senza farla dipendere da teorie agnostiche o dal pensiero di chi vuol fare credere che questo mondo è assurdo. Nel cantico delle creature di San Francesco mi sento rinascere a nuova vita.
Dimenticando le teorie empiriche di chi può distrarti e cercando di essere più pragmatico, scoprendo in te i valori semplici e gli ideali che aprono alla speranza ed all'ottimismo di un seme che, nascosto nella terra, darà dei frutti meravigliosi, mi auguro che possa bearti nella gioia di un tramonto, di un'aurora, del sorriso di un bambino, della dolcezza di una compagna e di una mano che si tende per dirti grazie.
Cordialmente, Ferruccio Bolognani







5) Pippo Borzacchiello (curioso e critico ad intermittenza )
Il rapporto con Pippo si è fermato subito, temo a causa di un errore nell’email, peccato.

Salve, ho letto con piacere la sua al Corriere della Sera relativa al senso della vita. Nonostante la mia giovane età confesso che anch'io, ad intermittenza, m’interrogo sul senso della vita.
L'Homo Sapiens è l'unica specie che non solo pensa ma è in grado anche di pensare il pensiero. Questo ci ha permesso di fare un bel salto evolutivo, ma ahimè capita pure, a pochi in verità, di farsi delle domande di cotanto spessore. E allora??
Una possibile risposta che mi sono dato è che forse non c'è un senso. E allora meglio non pensarci o se proprio ci ricorre questo pensiero, così come detto recentemente da un uomo con pochi mesi di vita a causa di un cancro, possiamo paragonare la vita ad una partita di carte in cui non possiamo decidere quelle che ci vengono servite ma solo il modo con cui giocarle.
Saluti Pippo Borzacchiello.
Prof.@unina.it


GM. Caro Pippo grazie dell’interessamento. Mi scuso dell’enorme ritardo ma un po’ la Telecom con i fulmini, un po’ le risposte ad hoc a 35 lettere pesanti come la tua, fatto sta che il tempo è volato.
Non è mai troppo presto o troppo tardi per interrogarsi sul senso ma sono convinto che prima è, meglio è.
Pensare il pensiero è in fondo la coscienza di se, di esistere. E’ quella caratteristica che, dicono, ci distacchi dagli animali, che pare non siano autocoscienti. Peraltro una certa somiglianza di comportamento di fronte alla morte potrebbe far dubitare che siamo poi tanto diversi.
In fondo sono più che dei semplici sassi e almeno l’istinto dobbiamo riconoscerglielo.
Tu dici che forse non c’è un senso e che sarebbe perciò meglio non pensarci. Già, bravo, se ci riesci! Io ormai mi sono rassegnato a non riuscirci e la possibile mancanza di senso mi stimola ulteriormente a pensarci. Da anni ho capito che non ho di meglio da fare in vita, se non trasformare il possibile nel certo e necessario o nell’impossibile.






6) Luciano Carbognani l.carbognani@libero.it
(spettatore attento e critico del divenire)
Ccurioso e testimone delle angosce e del dolore dell’uomo con una grande voglia di vivere.

Caro Martinoli, ho letto la sua lettera indirizzata a Sergio Romano e pubblicata sul Corriere della Sera del 4 di settembre.
Gli antichi vivevano, si curavano e morivano in nome di valori pagani, come la gloria, il coraggio e la dignità. Noi moderni, malati di consumismo e di estetismo, cerchiamo l’immortalità su questa terra, belli e palestrati, dove la vita non deve essere più un rischio ma garantita a tutti, sempre e comunque.
Quando ero giovane, avevo risolto il problema esistenziale rinviandolo a quando avrei raggiunto i cinquant’anni; nel frattempo avrei vissuto come se fossi stato immortale. E' ciò che ho fatto.
Quell’età l’ho raggiunta e superata da un pezzo; quindi sono stato costretto a riprogrammare il mio stato psico-fisico e porre nuovi ma solidi paletti di ancoraggio. Da tempo coltivo la distrazione, viaggiando, leggendo, visitando mostre d’arte, musei, cattedrali e templi costruiti dall’intelletto e dalle mani dell’uomo e dove vivono i miei dei. Mi distraggo, quindi, per non pensare.
Aristippo di Cirene nato nel 435 a.C. e discepolo di Socrate, trovò nella filosofia una funzione pratica, in quanto la vide come via per risolvere il problema della felicità. Per Aristippo questa è identificata con l’appagamento dei piaceri sensibili anzi il piacere hic et nunc, il godimento cioè dell’attimo. Solo tuffandosi nelle gioie presenti, dimenticando quelle passate e non pensando a quelle future, si può raggiungere la vera felicità.
Ci sono alcuni valori che sono comuni non soltanto agli antichi ma anche ai moderni, agli atei, quale io sono, a coloro che credono come ad esempio il coraggio e la dignità. Viviamo con coraggio e dignità e moriremo una sola volta; in caso contrario saremo costretti a morire tutti i giorni.
Beppino Englaro, padre di Eluana, è stato un mio collega per tanti anni; da sedici anni si batte perché venga concesso alla figlia in coma vegetativo il permesso di morire. Questo eroe, pioniere moderno si batte con coraggio, dignità e determinazione. Lui non può permettersi malinconie esistenziali, ma non credo che per questo noi vorremmo essere al suo posto.
A Randy Pausch, scienziato americano di 47 anni, gli viene diagnosticato nel luglio 2007, un tumore terminale al fegato. Invece di passare le giornate a compatirsi, tiene un’ultima lezione nella quale dà un addio alla vita, proferito con humour (sì con humour) e semplicità, persino con ottimismo:
Non so come si fa a non divertirsi. Sto per morire e mi diverto. E ho intenzione di continuare a divertirmi per ogni singolo giorno che mi resta. Perché non c’è altro modo di vivere.
Ho preparato un discorso sulla gioia di vivere, su quanto apprezzi la vita, sebbene me ne resti davvero poca.
Molti si aspettano un discorso sulla morte. Il mio, invece, doveva riguardare la vita.
Non è d’aiuto trascorrere le giornate avendo paura del domani. Vivete ogni attimo.
Legga il libro: L’ultima lezione. La vita spiegata da un uomo che muore (tradotto da Rizzoli), oppure vada sul suo sito: www.randypausch.com

Viva caro Martinoli, viva ogni giorno, colga l’unica occasione che le viene offerta e non si pianga addosso impedisca al suo intelletto, tramite la volontà e la ragione, di avere una visione nichilista di questo mondo e sia felice.
Con viva cordialità,
Luciano CARBOGNANI l.carbognani@libero.it


Caro Martinoli,
L'autorizzo a pubblicare sia il testo che il mio indirizzo e-mail. La città dalla quale scrivo è Parma. Cordialmente,
Luciano CARBOGNANI


GM. Caro Luciano, La ringrazio dell’attenzione e della disponibilità dei suoi testi.
Mi scuso personalmente per l’enorme ritardo ma come già detto agli altri 34, rispondere ad hoc a 35 lettere di spessore è certo piacevole ma ci vuole tempo.
Mi preme subito dirle che globalmente mi tocca dissentire da Lei pur apprezzando le sue proposte spassionate. Il fatto è che Io non ci riesco a vivere l’attimo, a godere dei piaceri terreni che seppure intensi restano effimeri, a “carpe” il diem presente senza illudersi del domani o rammaricarsi dello ieri e così via. E, la prego, non mi prenda per eccentrico o per anormale. C’è chi riesce, Lei per esempio. Per me sarebbe il culmine dell’angoscia.
Come capisco Leopardi, che, ne sono convinto, sarebbe stato lo stesso grande e insaziabile, anche se fosse stato bello, aitante e godereccio.
Stento invece a capire gli atei, soprattutto quando sostengono un qualsiasi valore (dignità, coraggio, la stessa onestà o la moralità). Che gli frega, visto che non perseguono sbocchi assoluti. Stante l’assenza di fini estremi e “sensati”, perché dovrebbe avere più valore il coraggio della viltà, l’onestà della malvagità, l’amore dell’odio???
La felicità deve essere assoluta altrimenti si nega, oserei dire per definizione. Tant’è che per i cattolici e per le religioni in generale la felicità non è, non può essere di questa terra o di questa vita ma semmai d’altrove.
Mi trova d’accordo invece sull’ironia verso la morte o la vita, nel senso che essendo relative, non meritano più di tanto. Spesso mi chiedo perché dovrebbe avere più senso e dunque essere più fortunato che vive 100 anziché 50 o 10 anni. Che sono 100 anni di fronte all’eterno? Qualcuno ha detto che i medici fanno in fondo poco o nulla, aggiungono anni alla vita e non vita agli anni. Dirà Lei che aggiungere vita agli anni tocca a noi. Ebbene Io dico che aggiungono più vita agli anni i filosofi, gli scienziati fin’anco gli intellettualoidi, come spesso mi considerano quelli che mi circondano e non mi capiscono. Vivere senza pensarci, godendosela e cantandosela è ben poca cosa. Invece aggiungere anche solo una virgola, un centimetro alla frontiera più avanzata del sapere è smisuratamente più ricco ed appagante.
Perciò non mi piango addosso ma distinguo i grandi uomini, che spremono tutto il possibile dal loro pensiero e guardano verso l’altro (e non sto parlando del paradiso), dalle bestioline pensanti (che sono certamente la maggioranza e in questo mese hanno certo superato il 90%) che non pensano o pensano l’effimero e guardano desolatamente in basso (non sto dicendo di Lei evidentemente). Non sono neppure nichilista ma semmai agnostico e possibilista e come le ho detto cosciente che la felicità non è dietro l’angolo.
A risentirla presto caro Luciano





7) Lino Chiesa linochiesa@gmail.com (possibilista e informato)
Pur cosciente dei suoi limiti non disdegna di tentare la carta del pensiero sulle orme dei grandi che ci hanno preceduto

caro guido
non si disperi e non si angosci. Il vero senso della vita è un grande mistero per tutti.
Tutti ne parlano ma nessuno cava il ragno dal buco.
Teologi filosofi storici tutti affrontano il problema da millenni per poi arrendersi al grande mistero che alcuni chiamano fede. Non ha mai letto niente di E. CIORAN ?
se vuole le consiglio un bel libro
linochiesa@gmail.com

caro guido
il suo testo mi ha commosso alle lacrime la contatterò ancora intanto volevo solo citare una frase che ho letto recentemente di Vittorino Andreoli da la vita digitale alla fine del libro divagando affronta un po’ il nostro problema e mi ha colpito in particolare questa frase
DALLA MIA MENTE CHE HO SPREMUTO COME UN LIMONE ORMAI SECCO E DALLA STORIA DELLE IDEE DELL' UOMO NON E' USCITO NIENTE
Ci sono poi altre belle frasi ma lascio perdere, anche perché io sono molto lento
Non badi poi agli errori perché non sono particolarmente abile. Dei miei scritti potrà fare ciò che vuole anzi un po' alla volta le racconterò la storia della mia ricerca.
Anche se non sono particolarmente colto, le potrà interessare sapere poi che lei vuole raccogliere il tutto mi stimola ancor di più ora le do volentieri il mio indirizzo:

Lino Chiesa Bergamo
La prossima volta se vuole ci daremo del Tu
un caro saluto e un caldo abbraccio



GM. Caro Lino, diamoci pure del Tu.
Finalmente arrivo a risponderti, 35 messaggi sono pochi o tanti, dipende.
Ti ringrazio della disponibilità dei tuoi testi.
Non speravo nelle lacrime altrimenti mi commuovo anch’Io e perdo la freddezza che il Problema richiede. Sto scherzando, ovviamente.
La frase di Andreoli mi straconvince, vorrei tanto dirla anch’Io un giorno, chissà. Certo non mi scoraggia ad insistere nella spremitura, anzi. Quale vita sarebbe spesa meglio della sua.
Del tutto irrilevante non aver trovato qualcosa; e se fosse proprio il niente quello che cercava??
Sulla cultura (e non l’ignoranza) come presupposto alla speculazione mentale mi trovi in disaccordo.
Il Problema riguarda tanto l’intellettuale che l’ultimo becero, giacché per quanto possa essere becero, qualsiasi uomo ha un cervello, sa che deve morire e non può evitare di chiedersi perché.
Altri dei 35 mi fanno notare erroneamente che queste domande sono solo per iniziati e per filosofi e non si scandalizzano nel rilevare la misera cifra di 35 persone effettivamente sensibili alla questione.
Io ritengo che sentire questa esigenza di senso rappresenti la frontiera più chiara tra noi e gli altri animali e quando dico noi, includo anche i beceri. Mi spiace per loro ma non hanno scampo, non l’ho fatto Io questo mondo, del resto.
La tua ricerca può valere come le altre o forse più, dunque scava ancora e dappertutto.
Attendo trepido le tue interpretazioni della vita e del mondo.
Grazie e a presto caro Lino
Guido Martinoli


caro guido
oggi e una bella giornata e non ho voglia di stare al computer ti dirò anche che devo servirmi del computer in biblioteca perché io non lo possiedo, cosi capirai tante cose. Volevo solo dirti che io ho avuto la fortuna di avere un professore di meccanica di nome Marco Todeschini che ha scritto la teoria delle apparenze:
Durante le lezioni a volte divagava e ci spiegava a pezzetti la sua teoria e mi colpì il fatto che sconfinava nel teologico e forse proprio per questo non vinse mai il premio nobel.
Mi sono permesso di citartelo visto che sei un ing.
In internet se t’interessa troverai il riassunto della sua teoria
Ci risentiamo in una giornata piovosa
un abbraccio

lino



Caro guido
ho scorso velocemente tutti gli scritti che ti sono pervenuti, sono contento e voglio ancora citarti una frase di Hermann Hesse
“a dare un senso all'umanità' sono proprio quei pochi che tormentati dal dolore si mettono alla ricerca di un significato”

Vorrei citarti altre frasi ma dopo aver visto tutti gli scritti, mi sembra proprio inutile.
Con calma me li voglio leggere tutti poi ne riparleremo. Adesso ti cito a memoria una frase di Cioran che forse ti farà un po' ridere
“nella mia vita non ho mai perso un’occasione per essere infelice”-
Ridici sopra anche tu, tanto e' l'unica medicina
un caro saluto
lino


Caro guido
io ho sempre problemi di tempo col computer perché sai che è bella biblioteca quindi non guardare a errori e stesura, bada solo ai concetti.
Spero tu ieri abbia colto al volo l'umorismo nero di cioran che essendo filosofo, affrontava un po' tutti i problemi della vita di Cioran in gioventù lessi diverse cose mi colpì in particolare “storia e utopia” e “l'inconveniente di essere nati”. Ebbene era talmente pessimista che a me faceva persino ridere anche perché non riuscivo a pensarla diversamente. Risi ancora di più quando lessi di una ragazza giapponese che aveva deciso di suicidarsi ma le capitò tra le mani un libro di Cioran scrisse a Cioran dicendogli:
“se non si suicida lei posso stare al mondo pure io”.
Col suo pessimismo aveva di sicuro salvato una vita
ciao lino

Caro guido
ho dato una veloce lettura ai testi che ti hanno scritto, ho dedotto che quasi tutto ti è stato detto l'ultimo mio colpo in canna è la voce del mio prof marco
todeschini e la sua teoria delle apparenze quando avrai più tempo vai in internet e troverai il riassunto della sua teoria non avrai le risposte a tutto ma di certo farai qualche passo in avanti, io sganciato da tutte le religioni grazie a lui possiedo un credo che
in gioventù è stato la mia ancora di salvezza, ora alla mia età non mi servono più neanche le ancore, mi basta sapere che per la mia poca intelligenza forse ho capito fin troppo del grande mistero che ci circonda

un abbraccio
lino










8) Antonio Cimmino (poeta “in attesa”)
Angosciato o solo curioso, questo il dilemma che attende l’amico Antonio, giunto ormai alla meta come dice lui stesso nelle sue poesie.

Caro amico di "sventura", sul "senso della vita" ho trovato condivisibili sia la Sua lettera al "corriere" che la risposta di Sergio Romano. Anch'io ho riflettuto a lungo sull'argomento, ma alla fine l’ho chiuso, rinunciando a disperarmi e ad angosciarmi e rinunciando alla ricerca. Ho optato per una conclusione in versi, di sicuro superficiale, che mi ha comunque placato, se non proprio appagato. Desidero trasmettergliela:

L'ARCANO
Rituale strano e buffo
l'usuale dubbio tuffo
quotidiano nell'arcano.

Perché pulso e bramo,
sogno e penso senza sosta?

Tutto è insulso e gramo,
non ha senso né risposta.

Cordialmente, Antonio Cimmino da Milano


GM. Caro Antonio
Le richiedo della disponibilità a pubblicare potenzialmente i suoi testi.
Per quanto attiene alla sua posizione, mi permetto di osservare che “placato ma non appagato” non esclude l’angosciato, anzi è proprio l’inappagato che è suo malgrado necessariamente angosciato.
Non me ne voglia ma forse Lei s’illude di essere senza angoscia. Infatti, se il tutto è senza risposta continua ad essere insulso e gramo.


Caro Guido,
La ringrazio per il cortese riscontro e, soprattutto, per l’acuta disamina della mia poesiola.
Indubbiamente anche per me l'angoscia rispetto al "senso della vita" è un fattore esistenziale imprescindibile dal quale potrò solo illudermi di liberarmi "vita natural durante". A comprendere però ulteriormente il mio stato d'animo attuale può contribuire l'ultimo mio impegno, sempre in versi alla buona, dal quale si evince che sono già nell'età
in cui l'uomo propende ad estraniarsi dalle vicende terrene per dedicarsi a coltivare con maggiore attenzione il proprio giardino interiore...in vista di che? Chi vivrà, vedrà. Anzi, chi morirà, vedrà. Ancora saluti molto cordiali.
Antonio Cimmino


SEMPRE PIU' VICINA
Lontano
ormai dai traffici
e le lusinghe del mondo,
di una solitudine regale
assaporo i silenzi.

Sempre più vicina
avverto
quella resa dei conti
a cui lo spirito
sottratto ai tumulti dei sensi,
con fede indomita
nelle proprie fragili
certezze, senza riserve
incuriosito si accosta.

Dell'imponderabile non temo
l'avvento. Sul sentiero
che da esso conduce
sono da tempo
in cammino, pervaso
da oceanica serenità.

Il mio modesto contributo è a tua completa disposizione.
Antonio Cimmino



Caro "ingegnere-filosofo",

al rientro da salutari cure termali ho preso visione ed apprezzato
quanto in oggetto. Complimenti e...vai!
Antonio Cimmino, ex dirigente scolastico





9) Alessandro Consonni (agnostico o ateo?)
Anche Alessandro mi invita alla leggerezza nel pensiero. Potessi farlo …. Già m’intriga che Lui stesso sorvoli sull’abisso che distingue l’ateo dall’agnostico, figuriamoci il resto.
Abilissimo nella concisione, l’Alessandro

Carissimo Guido Martinoli,
Sono un fedele lettore e inserzionista della rubrica lettere a Sergio Romano.
Ho letto la Tua e volevo dirTi di non angustiarti più di tanto!?
Io faccio parte dello 0,9 % essendo agnostico ed ateo!
Come spesso accade Sergio Romano, che per altro io stimo abbastanza, da risposte insignificanti o di comodo!? Oggi a te ha dato una NON risposta, tipico di chi non sa e non può dare risposte!
Guido, dopo l'età adolescenziale, non serve chiedersi sempre il perché delle cose, per la semplice ragione che un perché non l'hanno!?
Caro Guido, prima di nascere come stavi? Immagino bene!
Oggi come stai? Mi auguro per Te bene! Questo conta!
Se invece la Tua vita è migliorabile, questo deve essere il tuo obbiettivo!
Per il dopo, non Ti preoccupare è esattamente come la nascita!
In sintesi quindi, mai chiedersi troppo perché, potrebbe portare alla follia!?
Buona giornata Guido, è stato un piacere leggerTi!
Se vuoi leggere ogni giorno i miei articoli vai su: www.reset-italia.net
Ti ringrazio per l'attenzione e Ti saluto con cordialità.
Alessandro Consonni
alessandro@cevpubblicita.it

GM. Egregio Alessandro
Ti ringrazio per l'interessamento e la partecipazione. Mi sento già meno solo.
Ti dirò che ritengo altamente improbabile seguire il consiglio di Romano e traslocare negli altri settori certo più numerosi ma per così dire "più bassi". In fondo la quantità non m’interessa, preferisco la qualità e l'intelligenza. Mi permetto segnalarti un'incertezza nel tuo discorso: tra ateo e agnostico c'è l'abisso e non puoi essere uno e l'altro ma semmai uno ”o” l'altro. Riflettici ti prego.
Se vuoi, possiamo restare in contatto e scambiarci riflessioni e contenuti ovviamente di carattere esistenziale o apertamente metafisico. Per me è tremendamente raro incontrare persone di un certo spessore mentale.
Nel concreto se può servire, Ti dirò che coerentemente coi miei presupposti, non sono un democratico, non voto e considero la Repubblica di Platone il miglior sistema di governo, quello dove al potere c'è il pensiero e dunque i filosofi.
Dirai che sogno e utopia mi affascinano, eh!
Peraltro mi tocca dirti che in realtà sono un Ingegnere e non un filosofo, ahimè.
Colgo l'occasione per mandarti una mia divagazione sulle classificazioni del pensiero e della fede, che temo, non apprezzerai, giacché ti sento più ateo che agnostico (vedi appendice NDA).
Sulla questione della follia ti ricordo un certo Nietzche, che la giocò per il pensiero e la verità e ancora ne parliamo.
Per la verità e per il senso val la pena di giocare tutto, vita e follia comprese.
A presto carissimo. Ci conto
Guido Martinoli

Carissimo, Guido è un piacere!
Come Ti dicevo puoi leggere ogni giorno una mia lettera su reset di cui sono uno dei fondatori e autore! Iscriviti, scrivi e commenta liberamente senza condizionamenti su qualsiasi argomento; ci sono Autori molto bravi e di grande spessore culturale!
Reminescenze scolastiche aprono una remota scatoletta cerebrale che mi dice che probabilmente a Platone gli atei non erano molto simpatici; ma forse è il contrario.....non ricordo, anche perché io ho 54 anni e aimmè la memoria comincia ad avere qualche back-out! Solitamente amo definirmi più agnostico.
in quanto un ateo già definendosi tale ammette e sott'intende l'esistenza di un Dio qualunque!? Ho studiato in un istituto di Salesiani per 8 lunghi ed interminabili anni dopo di che è stato automatico divenire agnostico!?
Sono un Industrial Design prestato all'advertising!
Ho lavorato ai tempi con Bruno Munari e Bob Noorda!
Ho letto e approfondito la bibbia tre volte e il corano una volta!?
Praticamente zuppa e pan bagnato! Ora ho iniziato timidamente ad informarmi e capire la filosofia Buddista!? Non mi esalta, ma è comunque una filosofia più che una fede,........ è comunque abbastanza interessante!
Sono un piccolo imprenditore e lavoro nel campo della comunicazione da 28 anni!?.... 28 anni,..... Che noia!
Odio profondamente Berlusconi, avendolo purtroppo conosciuto personalmente e avendoci avuto a che fare professionalmente!? attenzione odio l'ideologia non l'uomo! L'odio non fa parte della mia esistenza!
Nato borghese, da sempre liberale, tradito da una destra illiberale e assistenzialista sono tra le schiere dei "coglioni indegni" che hanno votato a sinistra non per convinzione ma per opposizione alla politica di Silvio che non stimo e detesto! La sinistra non mi ha deluso, in quanto mai mi ha né attratto, né affascinato !?!?
Sono anarchico d'animo per cui penso che seguirò il Tuo esempio, difficilmente voterò nel prossimo futuro!
Dipingo ed esporto le mie opere nel mondo! Se vuoi vedere qualche crosta vai su : www.camaver.com
SE Vuoi vedere la mia azienda vai : www.cevpubblicita.it
Teniamoci in contatto, per ora t’inserisco nella rubrica dei miei AMICI!
Quando Vuoi scrivimi, mi farà grande piacere!
Con particolare cordialità Ti saluto

Alessandro Consonni PS come sempre per mancanza di tempo, non rileggo!


Ciao Giudò, mi scuso per il ritardo dovuto a motivazioni legate al lavoro!
Tranquillo carissimo Guido tutto quanto scrivo è pubblicabile a mia firma dove meglio ritieni! Oggi sono incasinato ma appena ho un secondo Ti scrivo con più comodo!
G R A Z I E, cordialmente
Alessandro Consonni





10) Costanza (atea)
Arduo essere atei, come essere cristiani, del resto. Talvolta penso siano in qualche modo accomunati da qualcosa … ah sì, ecco ho trovato, si chiama ……. fede.


Caro Guido,
immagino la valanga di posta dopo la (provocatoria?) lettera al Corriere... mi vengono in mente solo risposte banali tipo il senso della vita è la vita stessa e Andy Wharol diceva che si nasce e si muore e tutto si riduce ad intrattenerci tra un evento e l'altro poi sta a noi decidere se ci piace l'arte, l'amore, lo sport, i bucatini all'amatriciana........ il tutto cercando di crearci una rete di affetti e di amici... di non nuocere ad altri, magari a commettere atti di generosità...... sono atea e quindi penso che tutto ciò lo si debba fare quando si è in questo mondo che a volte sembra brutto, ingiusto e crudele e senza senso......
Noi occidentali abbiamo troppi pochi problemi di sopravvivenza e quindi nel tanto tempo libero ci interroghiamo ..........sui massimi sistemi.....il mondo è quello che è e bisogna accettare quello che ci capita.... scusa la lettera frettolosa e sgrammaticata scritta con il cuore sperando che la nuvola che è transitata sul tuo capo fosse una nuvola passeggera....... accetta queste parole da una sconosciuta che ha fatto della scontentezza una filosofia di vita (ma adesso mi sono redenta! e senza una ragione specifica).
Con affetto Costanza


GM. Cara Costanza
Ti ringrazio nuovamente e mi scuso per il ritardo ma la Telecom ………..
Ti re-invito a comunicarmi la disponibilità a divulgare eventualmente i tuoi scritti, come ho chiesto anche agli altri (35 in tutto).
Vengo ai tuoi contenuti.
Mi sembra ammirevole il tuo senso civico ma mi sembra arduo e forse contraddittorio, essendo atea, che tu possa condividere e valorizzare in fondo gli stessi valori delle religioni e del cristianesimo in particolare: l’amore, l’affetto, la generosità, la tolleranza, l’arte. Se non fissi un valore assoluto, per fede, per caso, per illusione o altro, come puoi apprezzare alcunché?
A che serve gioire, amare e sognare se lo sbocco è il nulla? Non serve a niente.
Come a niente varrebbe vivere 20,60 o 90 anni se comunque dopo ti aspetta il vuoto assoluto. Forse è più “sensato” evitare certe conclusioni affrettate. Tra l’altro a che ti servono?
In ogni caso val la pena di pensarci e insisterci.
Anche sulla presunta disponibilità a pensare dei soli occidentali ho da puntualizzare non poco.
L’angoscia esistenziale è propria dell’uomo come animale pensante, che si guarda dentro, addosso. Non sa chi è, vuole saperlo, ci pensa e ripensa, sia che si trovi in cima all’Everest o in fondo alle Marianne, e può essere Bill Gates o un morto di fame di Calcutta.
Poco dopo il camminare e il parlare e prima ancora del lavorare, dell’accoppiarsi e del procreare, ogni essere cosciente e pensante dovrebbe giustificarsi, motivarsi, capirsi. Non occorrono ore o mesi, occorre solo un momento e ……. il pensiero, due risorse che hanno tutti. Tant’è vero che il fatidico 90 % dei nulla pensanti l’ho supposto nel nostro ricco mondo occidentale, con tante occasioni e tempo libero anche se non soprattutto per pensare. Ahi visto mai che in India questa percentuale si dimezzi?
Non ho colto la redenzione finale, che tra l’altro è un concetto tipicamente religioso e non da atei.
Me la vuoi chiarire cara Costanza?
A presto e grazie
Guido Martinoli


Caro Guido perdonami non avrei mai pensato mi rispondessi in maniera così "personale" per giunta!
La redenzione (ma io sono piuttosto ironica e spero si evinca dalle poche righe.....) consiste appunto nel cercare per quanto possibile di essere se non felici almeno sereni .....
Mi sono separata con dolore dopo 20 anni di matrimonio ed ho frequentato dei buddisti, che mi hanno insegnato molte cose, sì sono atea ma ho una profonda vita spirituale ... credo nell'uomo e nella sua capacità di "fare e disfare" con la propria mente situazioni al di fuori della realtà oggettiva......
Insisto non so scrivere bene, sono una lettrice vorace, invece
puoi certamente pubblicare le poche cose che ti ho scritto con il cuore in mano.
Un abbraccio e auguri per la tua vita ...... ne abbiamo bisogno tutti!!!!
Costanza


Caro Guido come vanno le cose......?
Faccio un brutto lavoro, non ho denaro e poche chance di migliorare questa situazione.......ma.....ho letto un bel libro e mi sono nati 4 cuccioli di cane.......ho la salute...e a Roma sembra estate... che desiderare di più?
un abbraccio Costanza







11) Filippo Crea (sanguigno e, come dire, in sospeso )
Parte risoluto il Filippo ma poi si addolcisce, si stufa un po’ ma infine vuole riprendere il discorso. Non c’è problema caro Filippo.

Guido, ti do un consiglio: suicidati con un proiettile di merda. Forse andrà
meglio di adesso. Tu scrivi < ....mi angoscio, mi dispero e non riesco a capire tutti gli altri che comunque mandano avanti questo assurdo mondo senza senso... Intanto perché ? E' il mondo così com'è, con cose che ci
danno gioia e cose che ci angosciano. Ed allora? Invece di guardare, di
studiare, di farti le seghe, prova ad imitare gli altri. Oppure vai al
consiglio di cui sopra. fc


Caro Guidino, ieri ti ho consigliato di suicidarti con un proiettile di cacca. Ci ho ripensato. Ho una terapia che dovrebbe funzionare meglio. Un paio di volte alla settimana, negli orari di visita, vai per ospedali, e visita nei reparti più "duri" quelli che lottano disperatamente per la vita. E fatti dare da loro una risposta.
Io ho due amici, entrambi pluritUmorati, ed entrambi vivono con forza la loro condizione.
Prova a imparare, lascia perdere quelle statistiche cretine (ma dove le hai prese e quanto sono affidabili?).
Ti prego, seguilo il mio consiglio e, forse non sentirai più il bisogno di chiederti perché si debba vivere.
Si deve vivere perché si è nati, perché ci piace scopare, perché si hanno dei nipotini che ti adorano, perché si ha la passione per la letteratura o per le bocce, o per la raccolta dei funghi.
Vedi, moltissimi anni fa un cretino di medico lesse male e distrattamente un’analisi medica che mi riguardava. Era la sigla dell'epatite C. E mi disse che era affetto da AIDS. E restai con questa convinzione per alcune ore fino a quando un medico amico mi spiegò l'errore. In quelle ore pensai con intensità alla mia vita futura e conclusi che fino a quando avessi avuto vita mi sarei dato come scopo di aiutare quelli ammalati come me e più disperati. E mi fermo qui.
Ti prego, non seguire il mio consiglio di ieri. Segui quello di oggi.
E se non ti riesce di guarire come ha fatto Alberto Soverchia, allora sì.....
filippo crea


GM. Caro filic
grazie per l'interessamento. Come t’invidio ........Ti chiedi dove stia l'assurdo del mondo, cosa c'è ancora da capire o scoprire, perché farsi le seghe mentali (me lo dice spesso anche mia moglie e non solo lei) .........
Ti basta gioire qualche ora, cogliere l'attimo fuggente di bello o di godereccio della vita senza domandarti perché oppure che senso ha. Che posso dirti? Se ti basta continua così. Senza offesa, ma ti ricordo che è quello che fanno anche bufali e passerotti ma certo tu non sei come loro …………… Certo non cambierai il mondo, sarai apparso un giorno, avrai occupato settanta, novanta forse cento anni dell'eternità e poi sarai dissolto. E perché mai dovresti angosciarti?
Cambierebbe qualcosa forse? No, stanne certo.
Il fatto è che Io, con tutto il rispetto, non posso più "tornare indietro".
La smania di trovare l'ultima risposta e capire tutto è a senso unico.
Ti prende una volta e non ti lascia più. Buon per te che non ti ha preso.
Il suicidio è un’ipotesi come un'altra, che Io non sento tragica o lacerante come te (... con un proiettile di merda). Semplicemente sarebbe un'azione inutile (visto che comunque si muore …….. Io e tu compresi) e poco creativa, oltre che tremenda e di difficile attuazione.
Eppure c'è chi l'ha fatto e Io certo non li biasimo.
Ti saluto e ti ringrazio ancora. Se vuoi restiamo pure in contatto, chissà che un giorno non ti tornerò in mente con le mie “menate assurde”??
Ciao Guido


Caro Guido, ti ringrazio per il tuo ringraziamento. Non ho capito però a cosa devo il tuo grazie. Forse è meglio che tu mi cancelli dalla tua lista.
O no? Grazie, Filippo Crea
Caro Filippo
ti ringrazio perché comunque ti sei degnato di rispondermi e di darmi un consiglio. Il suicidio che mi proponi è una delle tante opzioni che i viventi possono compiere per capire il senso dell'essere.(BEH, SII CORTESE, SE TU DOVESSI OPTARE PER QUESTA SOLUZIONE, INFORMAMI DELLE TUE RISULTANZE)
Noto che anche tu come tanti altri consideri normale pensare alla morte e al senso ultimo della vita solo quando si è gravemente ammalati.(no, caro Guido, forse mi hai letto male o, forse : io non sono fra quelli che pensano alla morte solo quando..... Io ci penso in termini e tempi equilibrati Vedi, affermava Marcello Marchesi " Signore, fa che la morte mi colga quando sono ancora vivo" E cerco di restare vivo, a giorni mi farò operare di cataratta, un menisco lo ho sistemato e così ho fatto per la deviazione del setto nasale. Sto testando un apparecchio acustico, e mi occupo senza angosce di sostituire, ove possibile, i pezzi difettosi. E faccio questo non per litigare con la morte, lo faccio perché ho amici e parenti gradevoli, perché ho le mie passionacce da coltivare, perché adoro un mio piccolo amico (Aliosha) siberiano di tre anni che portato gioia di vivere nella coppia che lo ha adottato. Ed ancora una volta il mio medico ASL lesse un esame del sangue e mi disse che avevo l'AIDS. Ho vissuto per tre ore con questa notizia. Poi ho scoperto che il medico, o ignorante o distratto, si era confuso con la sigla dell'epatite C, malattia con la quale convivo felicemente da anni. Vuoi sapere cosa ho pensato quando mi è arrivata quella diagnosi? Ho pensato che, finché ne avessi avuto l'energia, avrei dedicato me stesso a soccorrere quelli che avevano l'AIDS ed erano più fragili di me).
Io sono sanissimo eppure non so pensare che a quello (e se tu non sai fare altro che pensare a....quello, vuol dire che sanissimo non 6 e che ti ci vuole un aiutino, perché 6 monomaniacale). Vivere venti, cinquanta o novanta anni non cambia nulla se non conosciamo il perché. (COSA VUOI CHE AGGIUNGA DI ALTRO? SCOPRILO E QUANDO LO AVRAI SCOPERTO COMUNICALO ALLA SCIENZA ED AGLI UMANI CHE VIVONO SENZA SAPERE PERCHE') Peraltro non ho alcun interesse ad angosciarti se non lo sei. T’invidio caro Filippo. Buona fortuna.
Dimenticavo, che mi dici riguardo alla pubblicazione del tuo testo con relativa e-mail ??? (pubblicazione dove, e a chi e perchè? Fai pure, accomodati senza divieti da parte mia -
Ciao e buona giornata. fc)


GM. caro Filippo
Dunque anche tu confessi di non sapere perché si vive e mi chiedi di comunicarlo "urbi et orbi",
se dovessi riuscire a saperlo.
Pur non sapendolo ti affanni a reagire agli acciacchi della vita, come fanno tutti, me compreso e parrebbe non ti manchi "quella banale" informazione. Con tutto il rispetto mi sembri un generale che si occupa di tattiche, anche vincenti, ma che trascura e forse ignora la strategia.
Forse che i piaceri momentanei ed effimeri (amici e parenti sinceri, risate, mangiate e cantate, bambini sorridenti tenerelli e ingenui, panorami naturali spettacolari) possono sommandosi vincere l'ineluttabile e raggiungere il senso ultimo dell'esserci???
Se per te è così, buon per te. A me non basta. Sarò cinico e insoddisfabile ma vivere anche 100 anni nel godimento sfrenato ma finito non è di più che morire a 10 anni o meno.
Il vero confronto non può che essere fatto che con l'assoluto e nello specifico con l'eternità.
Ma, senza offesa, penso proprio che qui sarà dura seguirmi.
Pensaci, ciao ciao Filippo.
Guido


GUIDO, ORA HAI ROTTO. BUONA NOTTE E RIPOSA IN PACE. fc



Caro Guido, vedo con piacere che 6 ancora in vita. Ti autorizzo a pubblicare tutto quel che è intercorso nella nostra corrispondenza. Ad una condizione, però. Che tu mi faccia avere, sempre via mail, tutto quel che ci siamo scritti tu ed io. Anche la lettera tua al Corriere. Ho infatti perduto il tutto. Grazie per la cortesia, fc









12) Mirko Elena (amichevole e partecipe)
Mirko la pensa come me. Se si vuole coinvolgere l’enorme maggioranza nullapensante si può ricorrere allo stimolo del sapere e all’esca del godere a capire.


Caro signor Martinoli,
volevo assicurarle che non è proprio solo nel porsi le questioni di cui alla sua lettera pubblicata sul Corriere del 4 settembre u.s.
Non che la compagnia sia numerosissima, certo, ma proprio solo non è.
Complimenti per il taglio ironico dato al suo intervento, fondamentalmente tragico negativo. Molto efficace.
Un caro saluto.
M. Elena, Trento


GM. Cara Elena
La ringrazio per l’interessamento, mi scuso per l’enorme ritardo e come detto nella mia lettera collettiva le chiedo della disponibilità a divulgare eventualmente i suoi testi.
Anche Lei come molti dei 35 che mi hanno scritto, mi capisce e vuole farmi coraggio come a compatire (cum-patire, patire insieme) insieme questa disgraziata condizione umana.
Non posso che apprezzare e ringraziarla. Mi sembra giudichi ottimamente anche sul piano tecnico il mio pezzo. Non pensavo meritasse tanto. Voglio sperare o illudermi che posso fare di meglio.
A riguardo e anche per rompere il ghiaccio e scavare nel solito problema fondamentale Le allego un trattatello di teologia, udite udite. Se trova il tempo lo legga e se crede mi faccia sapere.
A presto Guido Martinoli



Caro Martinoli, Ricevetti la sua risposta collettiva.
Divulghi pure il mio mail a lei indirizzato, sebbene non ritenga di aver scritto niente più che due righe di "appoggio morale"!
Se appena appena trovo il tempo (sono, come tanti, sempre in corsa con gli impegni urgenti), leggo volentieri il suo lavoro teologico, pur essendo di natura abbastanza "allergico" alla tematica (ma aggiungo subito ho cari amici religiosi, ma religiosi davvero in gamba, di quelli che sarebbero piaciuti a Gesucristo, non a Ratzinger...).
E' davvero impressionante come la stragrande maggioranza dei nostri cospecifici umani viva non molto differentemente da quanto fanno oranghi e bonobi, nutrendosi, riproducendosi, passando il proprio tempo in questioni di nulla importanza. Homo Sapiens Sapiens? Quanta arroganza nell'esserci attribuiti addirittura due aggettivi così impegnativi!
Un caro saluto. M. Elena
P.S. Non s’illuda di aver a che fare con una leggiadra fanciulla, sono del suo stesso genere. Solo il cognome e' truffaldinamente femmineo.






13) Lorenzo Fernandez (ottimista e positivo)
Non si cruccia il Lorenzo per l’incertezza anzi la volge in positivo


Egregio Guido Martinoli,
in riferimento alla sua lettera al "Corriere della Sera", pubblicata lo scorso giovedì 4 settembre, mi ha colpito la risposta evasiva di Sergio Romano nonché la sua sicurezza, dott. Martinoli, nel dare con tanta precisione le percentuali sulle persone che sanno o meno il senso della propria vita, sottolineando addirittura che parecchie di quelle che il senso non lo sanno, non saprebbero nemmeno di non saperlo.
Peraltro lei si sofferma sul punto vitale per ognuno di noi, su cui, come lei giustamente rileva, si fa fatica a riflettere e la cui risposta, aggiungo io, spesso si elude con una vita frenetica.
Nondimeno questa situazione penso sia affascinante, poiché ci dà un grande senso di libertà, purché nel frattempo non perdiamo la speranza di trovare il senso giusto alla nostra esistenza.
Non credo senz'altro che il caso sia l'artefice del nostro esistere e neppure che il nichilismo debba padroneggiare i nostri pensieri.
Prima di continuare però vorrei lasciare a lei la parola.
A presto.
Lorenzo Fernández.


Egregio Guido Martinoli,
di ciò che ho scritto, può farne l'uso che desideri.
Mi ha fatto piacere vedere, fra tutti quanti gli indirizzi, quello di Gianni Pardo, persona che conosco e con cui mi scrivo ogni tanto.
Sono contento che abbia ricevuto tanti messaggi.
Aspetto, senza fretta, una sua risposta personale.
Affettuosi saluti.
Lorenzo Fernández.
Milano.


GM. Caro Lorenzo finalmente tocca a me.
La ringrazio personalmente dell’attenzione e della disponibilità dei suoi testi. Mi scuso per il ritardo ma rispondere su misura a 35 persone può essere anche faticoso, oltre che piacevole, se si tiene conto dei contenuti in gioco.
Non è il solo che mi chiede conto delle mie statistiche, le quali, pensavo fosse evidente, non provengono dall’ISTAT e volevano essere solo spettacolari (90, 9, 0,9 ….), intriganti e provocatorie.
Lo stesso fatto che l’ISTAT, né penso alcun altro, si dia la pena di farle, la dice lunga sul fatto che Io ci abbia azzeccato. Lo stesso Romano peraltro le considera verosimili pur evadendo la risposta.
Concordo con la sua posizione sull’importanza del senso, posizione che come ammesso resta ancora embrionale.
Lei giustamente tocca valori quali la libertà, la speranza, il caso, lo stesso nichilismo, che sono certamente legati al senso e alla verità. Lo fanno ovviamente anche quasi tutti gli altri 34.
Colgo però in Lei una sorta d’incertezza, quando sembra esaltarsi per la nostra libertà, pur rifiutando sdegnosamente il caso, come padrone dell’essere e dando addosso anche al nichilismo. In effetti, come già detto da molti, tolto il caso resterebbe solo la necessità e dunque la causalità, la costrizione e un destino segnato. Certamente non ci sarebbe più spazio per la libertà, che lei tanto apprezza e sarebbe tutto fatalmente determinato, animali e uomini compresi.
Viceversa il caso, che Lei disprezza, con la sua mancanza di binari e di leggi, può assicurare il trionfo della libertà.
Ritengo però che prima di arrivare a queste conclusioni, ci sia da affrontare un’altra questione parallela e ben più importante, che può da sola giustificare la libertà, e cioè la nostra attuale ignoranza e impotenza sulla verità.
Infatti, prima di decidere su caso e necessità, forse è proprio qui, sull’ignoranza come mancanza di certezze (caso o necessità sarebbero tali) e di capacità estreme, che possiamo fondare la nostra libertà.
Peraltro tale ipotesi non è mia ma ritengo sia la posizione di base dei cattolici e della loro fede.
Paradossalmente questi ultimi osano accoppiare, di fatto, la libertà dell’uomo non tanto col caso, che negano rigorosamente, ma con Il Senso ultimo dell’essere e perciò in una dimensione di causalità e di necessità, verso addirittura un obiettivo strategico che è l’amore universale e il trionfo del bene. Devo ammettere che mi risulta arduo seguirli ma è pur vero che quando si fa uso della fede tutto diventa sostenibile, fin’anche il suo opposto.
A presto Lorenzo, l’aspetto.
Guido Martinoli










14) Paolo Fontana (critico verso il Papa e un po’ fatalista)
Curioso il Paolo e incerto che l’aldilà possa avere attinenze antropologiche con l’aldiquà

Vede, Sig. Martinoli, io ne ho 75 e, più mi avvicino a quel momento e meno 'ci' credo. Chiaramente l'universo è stato programmato egregiamente, ma non credo che il programmatore sia così cretino come ce lo dipinge il Paparazzi, né che si preoccupi più che tanto di noi. Mettiamola così: una pianta è contenta, se così si può dire, di vivere da pianta; un passerotto è contento di vivere come fa. Un essere umano dovrebbe contentarsi di vivere come tale, lavorare, divertirsi senza far male ad altri: ho trovato una donna, ho continuato la specie, ancora oggi leggo, studio, m’interesso, suono il piano con sconforto del vicinato - e, soprattutto, non mi faccio il sangue cattivo a pensare a cose alle quali non posso dare risposta.
P.S.- Sa, da giovane, a militare, ero in crisi: lo studio, il lavoro, la ragazza (che non c'era). Quando ero di guardia di notte ci pensavo, pensavo a puntarmi il moschetto in bocca e sparare: sono contento di non averlo fatto. Mi sono capitate tante cose, anche spiacevoli, ma mi sono anche divertito e mi diverto ancora oggi - fino a quando potrò.
Cordiali saluti
Paolo Fontana - paolo.astrid@libero.it

GM. Caro Paolo
La ringrazio per l’interessamento, mi scuso per l’enorme ritardo e le richiedo, come fatto nella lettera collettiva, se posso divulgare i suoi testi.
La sua lettera ripropone la sostanza che compare spesso anche nelle altre: l’incertezza di fondo, indubbia e insuperabile non deve compromettere la serenità e un ragionevole diritto alla tranquillità sia materiale che spirituale.
La vita per inspiegabile possa essere merita comunque di essere vissuta.
Mah! Se Lei ci crede, continui così. A costo di sembrarLe irriverente un filo di angoscia mi sembra uscire qua e là nella sua: “sangue cattivo”, “cose senza risposta”, “fino a quando potrò”.
Lavorare, divertirsi, procreare mi soddisfano meno che leggere, studiare, interessarsi, mentre Lei li mette tutti assieme. Per i primi l’assenza di senso li svuota, per i secondi la stessa assenza li può riempire.
Temo di non poter più tornare indietro. Mi sono fatto il sangue cattivo con quelle domande e cercando le relative risposte. E poi non c’è ancora l’AVIS (trasfusioni e affini) mentale, me misero.
Attendo sue nuove caro Paolo
Guido Martinoli


Grazie della risposta - può usare le mie parole come meglio crede. Sembra che anche altri Le abbiano risposto come me e mi fa piacere di non essere stato il solo. Non è d'accordo con me? Non mi ha detto qual è la Sua morale.
Non la chiamerei angoscia, la mia. Le dirò: alla mia età si dorme poco e mi capita spesso di ritrovarmi sveglio di notte e allora si pensa, fai il check-in di tutti i vari dolori e di ciò che potrebbero monitorare. Penso a quanto mi rimanga, ragionevolmente, da vivere e, non chiamandomi Berlusconi, ne viene fuori una cifra insoddisfacentemente bassa. Come che sia, non trovo gran che da rimproverarmi - avrei una certa curiosità di sapere com'è il 'dopo', anche se, quella che tanti chiamano l'anima immortale, assomiglia troppo alla nostra mente per conservare la sua identità dopo la morte del corpo...
Grazie ancora per il riscontro e cordiali saluti,
Paolo Fontana



Caro Martinoli,
La ringrazio per la documentazione, non credevo che ci fossero ancora 35 persone interessate all'escatologia (o comunque si chiami). Il rovescio della medaglia è che mi ci è voluto il bello e il buono per ripulire il p.c. dalla marea di parole arrivare per mail: un certo ……………… era particolarmente verboso ed ho dovuto metterlo sulla lista nera dei mittenti non graditi - de-bug the rubbish, forse non è l'espressione giusta ma mi piace.
Sul serio: ci ho qui sotto gli occhi il Corrierone con Sergio Romano che dedica 5 (cinque) colonne a parlare di Quisling e Petain: se non all'immortalità dell'anima, potrebbe quanto meno pensare alla salute...
Saluti,
Paolo Fontana









15) Alberto Furlan (sacerdote alla ricerca)
Chi l’ha detto che i preti sono arrivati e non ci pensano più? Ecco un caso contrario.
Attenzione non dispone di una sua email personale.


Padova, 7 settembre 2008
Ho letto sul “ Corriere della Sera” del 4 u.s.
La Sua letterina con risposta di Sergio Romano.
Sono un prete 85 .enne: il mio telefono è 049/ 848521, abito in Via Nazareth, 38 – 35128 Padova.
Vorrei proporLe una o più riflessioni in merito, perché il Suo problema è quello che interessa a me e a un ristretto numero di persone maggiorenni, con le quali ho una relazione su questi temi.
Poiché non ho l’e – mail, potrebbe inviarmi Il numero del Suo telefono e il Suo indirizzo
e qualcosa sui Suoi studi scolastici, per risponderLe?
Cordiali e fraterni saluti.
Alberto Furlan
epnazareth@oiconlus.it

GM. Caro Alberto Furlan
La ringrazio ancora dell’interessamento e Le confermo che sono un ingegnere elettrotecnico.
Come detto Le allego un mio trattatello pseudo teologico, che certo Lei saprà commentare al meglio. Ribadisco come sia deprimente costatare quanto bassa, e quasi nulla, sia la percentuale di persone con tanto di cervello attivo, che sembra bellamente trascurare i problemi cosiddetti esistenziali ma che Io mi permetto di rinominare “Il Problema” dell’uomo.
A presto caro Alberto
Guido Martinoli








16) Alfredo Giordani (ateo)
Anche gli atei si muovono, evolvono e devono quotidianamente sottoporsi a verifica e l’Alfredo serafico non sfugge a questa procedura.


Ciao Guido,
ti ho letto sul Corsera e permettimi di scriverti qualcosa su un argomento, quello del significato dell'esistenza, che sento molto e che è anche molto difficile da trattare.
Per esempio con i miei bambini, che crescono in un ambiente tradizionalmente religioso (non sarebbe stato comprensibile da parte dei nonni non fargli fare la comunione) ma hanno in me un esempio di mentalità critica verso i dogmi di ogni tipo.
Tanto per capirci credo che la vita finisca con la morte e loro l’hanno dedotto da tante discussioni che si fanno in varie occasioni, soprattutto quando mi accaloro quando qualcuno vuole farmi sposare qualche 'stile di vita' imposto dall'alto.
Loro mi chiedono cosa c'è per me dopo la morte ed io, non volendo far provare loro quello che provo io, rispondo che nessuno lo sa e tutto e possibile così non dico una bugia e lascio qualche speranza.
Non ti tedio con la storia del mio 'travaglio spirituale', quando, avevo circa 16 anni, cominciarono a cadere una ad una le colonne portanti della mia splendida fede e cominciai a sprofondare nell'orribile vuoto del nulla (la notte non riuscivo a dormirci).
Se ti fa piacere sapere come vivo la mia condizione fammelo sapere e continuerò a romperti le scatole.
Coraggio e cordiali saluti,
Alfredo Giordani

Ciao Guido,
Proprio una bella idea, complimenti. Chissà che non sia utile a qualcuno o a qualcosa...
Ti autorizzo sia per la prima che per la seconda richiesta.
Alfredo Giordani ROMA


GM. Caro Alfredo
Mi fa molto piacere. Che c’è di meglio in fondo che conoscere i travagli altrui?
Mi permetto di scavare nella tua posizione esistenziale. Dici di ”credere” che la vita finisca con la morte ma poi parli di speranza e dici che nessuno lo sa. Tutto sommato è quest’ultima posizione che meglio si concilia con la tua presunta negazione di qualsiasi dogma, nello specifico il “dogma” della fine assoluta rappresentato dalla morte fisica. In fondo che ci perdi a porti nella situazione possibilista, che ovviamente sembrerebbe più da agnostico che da nichilista?


Caro Guido,
la fine eterna, in contrapposizione alla "vita eterna", infatti non è un dogma mentre quest'ultima sì.
Quella è solamente la conclusione di lunghi ragionamenti, riflessioni, considerazioni, deduzioni e anche intuizioni forse elementari tipo: 'perché io ho il privilegio di vivere in eterno e quel dolcissimo cagnolino no?'.
Il mio cammino comunque procede e i momenti di angoscia, tipo 'la nausea' di Sartre, sono ormai rari e avvengono quando penso e cado nel vuoto dell'eternità. Effettivamente il non dover provare 'mai più' tutto
quello che sto vivendo oggi mi scoccia. Allora mi rassegno a pensare che quel puntino che rappresenta la mia vita, schiacciato tra due enormi sfere, l'eternità del passato e l'eternità del futuro, disposti tutti sulla linea del tempo, è tutto quello che ho e devo sfruttarlo al meglio.
D'altra parte l'importante è non annoiarsi e la vita di oggi, almeno a me, non è che mi consenta di oziare molto.
Oltre che a guadagnarsi la pagnotta, come si dice a Roma, penso che ci siano tante cose da coltivare, tante altre per cui lottare e altrettante contro cui lottare.
Tra queste i dogmi a cui mi riferivo e chi ce li propina ma mi fa imbestialire anche chi rovina questo nostro mondo e chi sfrutta il prossimo.
Per quello che riguarda la speranza di un'altra forma di esistenza dopo la morte, mi viene un altro cruccio, cioè non so se è
meglio sparire per sempre o essere costretti a vivere per sempre. Forse alla lunga potrebbe essere scocciante anche quello.
Bah, alla fine penso che sia meglio rimanere coi piedi per terra e vivere giorno per giorno.
Grazie per sorbirti i miei pensieri contorti. Fammi sapere se passi a Roma.
A presto, Alfredo


GM. Caro Alfredo non resisto e ti riscrivo.
Mi tocca martellare sulle stesse posizioni già sostenute l’altra volta ma che, mi sembra, non hai colto appieno. Non lo so Io e non lo sai tu perché tu avresti quel privilegio rispetto al cagnolino ma si da il caso che potresti averlo. Voglio dire, non basta sentirlo o intuirlo e sottintendere una sorta di uguaglianza animalesca. Sarebbe ingenuo e risibile. O dimostri razionalmente e dialetticamente che non ce l’hai (estremamente arduo farlo e secondo me per ora impossibile, almeno tanto quanto dimostrare di averlo), oppure anche le tue sono assunzioni infondate e gratuite, anzi diciamolo pure, fideistiche.
In sostanza tu “credi” che la fine (la morte) sia eterna ma non puoi dimostrarlo.
Mi sfuggono in effetti “i lunghi ragionamenti, riflessioni, considerazioni, deduzioni e anche intuizioni forse elementari” che dimostrerebbero la finitezza dell’uomo. Come sfuggono parimenti quelle che ne dimostrano l’immortalità. Va da se che dimostrandone una, si negherebbe l’altra, ovviamente. Il cagnolino, comunque credimi, non regge.
Te lo dirò fuori dai denti. Io sono convinto che i credenti si dividano in due precise categorie:
- i religiosi, che credono in positivo, cioè che ci sia un senso e un Dio, esterno e superiore all’essere, mono, poli o panteista che sia;
- gli atei che “credono” in negativo, cioè che non ci sia alcunché. Se tu, come dici, sei tra questi, anche tu credi.
Io invece che non credo scelgo la terza via, quella agnostica, che già ti ho consigliato senza successo.
Non perché sono senzapalle ma perché non potendo rispondere, mi tocca fermarmi a un sofferto e angosciatissimo “non so, ci penso, ripenso e forse un domani ….. chissà?”. Mi rendo conto che è una non risposta ma anche il grande Kant mi sembra affermò che talvolta di fronte a certe questioni si “deve tacere”.
Infine percepisco in te uno strano affanno quando dici “è tutto quello che ho e devo sfruttarlo al meglio” e poi colgo un deciso senso morale nel “mi fa imbestialire anche chi rovina questo nostro mondo e chi sfrutta il prossimo”. Strana reazione per un ateo, non credi. Chetti frega?? Perché ti preoccupi? Non è che sotto sotto, scava scava, sei, come dire, religioso?!
Non te la prendere mi raccomando, però …….. pensaci.
Da Roma passo senz'altro, forse prima di Natale, tienti pronto che ........ scaviamo.
Alla prossima, ciao ciao.
Guido












17) INESPRIMIBILENULLA (Osservatrice pensierosa)
Cosa si può estrarre da una poesia ? Semplicemente l’assoluto.

Ciao, Guido.
Posso?
Nel senso: ti comprendo, credo di esserti vicina... ma non ho risposte.
Una poesia? Mica lunga, neanche troppo pallosa

ETERNO

Fra un fiore colto e l'altro donato
l'inesprimibile nulla.

G. Ungaretti


Una lettrice, come te



GM. Cara inesprimibile
Finalmente sono arrivato a te, seguendo l’ordine alfabetico di Voi 35 amici, che mi avete risposto. Ti ricordo come ho fatto nella mia lettera collettiva che spero ti sia giunta (mi dai conferma di grazia) di comunicarmi della disponibilità all’eventuale divulgazione dei vostri testi con o senza firma.
Ti vedo concisa eppure profonda. Mi viene in mente Erich Fromm e la sua Arte d’amare. Lui certo sarebbe passato oltre, senza cogliere neanche il fiore ma limitandosi a contemplare i suoi colori, la sua voglia di crescere, di vivere e forse di comunicare. Sento in te (come in Ungaretti, ovviamente) anche un sentimento d’amore (donato) verso gli altri e decisamente lo smarrimento, avvolgente e ineffabile, Non c’è però angoscia né tanto meno disperazione ma un certo distacco. Leopardi è lontano e Io con lui.
Peraltro Io non pretendo risposte. Mi basta gridare a questo mondo la sua assurdità, che è forse una colpa di chi nel mondo, pur avendo i mezzi per reagire, glissa alla grande e preferisce consapevolmente, continuamente e cocciutamente vivere senza senso, preoccupandosi solo di lavorare, di divertirsi, di scopare e …… del Milan.
Attendo tue nuove, puoi anche superare le quattro frasi ovviamente.
Guido Martinoli







18) Antonio Lattanzio (credente evangelico)
Analisi rigorosa e sempre sul rasoio, con una visione dell’essere veramente a 360 gradi sia nello spazio sia nel tempo


Gent. Sig. Martinoli,
leggo solo oggi, andando indietro nelle lettere al Corriere, la sua sulla difficile ricerca del senso della vita.
Desidero proporle alcune considerazioni che potrebbero esserle di aiuto (se già non c'è arrivato da solo).
Al di là di ogni convinzione personale, le sue domande credo sono quelle di tutti.
Per illuminare me stesso nelle situazioni di dubbio o di difficile comprensione, da anni mi sono affidato alla logica più rigorosa per poi ponderare sulle risultanze.
Quindi:
Come per ogni altra cosa, i casi sono due: Dio (inteso come entità creatrice e fuori dei canoni delle varie religioni) esiste oppure Dio non esiste. (Ah, Lapalisse...)
Nel primo caso, non appena chiuderemo gli occhi a questo mondo, li riapriremo per confrontarci con una nuova realtà di vita ultraterrena che sarà più o meno simile a ciò che ci eravamo prefigurati a seconda degli insegnamenti che abbiamo ricevuto in vita e che, comunque, rappresenterà la scoperta della verità…vera.
Se invece Dio non esiste, la chiusura degli occhi rappresenterà la fine di tutto, ovvero, chi muore non saprà nemmeno di essere morto e per lui tutto ciò che è stato prima di lui, tutto ciò che è stato mentre era vivo e tutto ciò che sarà dopo di lui, non solo non lo interesserà in modo consapevole, ma non sarà mai stato, perché per quanto lo riguarda, egli stesso non sarà mai stato! In pratica il suo essere vissuto in un dato momento non avrà, (per lui subito e per gli altri più tardi) alcuna importanza né alcun motivo di rimpianto o di soddisfazione. Questo finché non muoiono tutti e allora, che in un punto ormai imprecisabile nel tempo ci sia stata una civiltà di umani non potrà interessare nessuno, perché non ci sarà nessuno cui possa interessare.

Immagino che quanto appena esposto a rigor di logica, piaccia o meno, non possa essere smentito né dai credenti né dagli atei né da quanti si pongono nelle collocazioni intermedie.
Le ricordo il pensiero di Socrate esposto al morente Assioco:
"una volta sentii dire che la morte non è né con i vivi, né con i morti". Alla richiesta di chiarificazione da parte del morente, aggiunse:"…per certo ella non è con te al presente, perché non sei morto; e se morto fossi, non sarebbe con te neanco, perché non ci saresti tu. Vano dolore è dunque quello di Assioco, se di cosa egli si rammarica, la quale né lo tocca, né lo toccherà […] presentemente, e neanche dopo morto: imperocché ciò che è pauroso bene può far paura a quelli che sono; ma, a quelli che non sono, come potrebbe?".

Una considerazione però devo farla perché più pertinente alle sue domande finali: se è vero che veniamo dal nulla per finire nel nulla e che tutto è vano, come mai nell'autunno della vita ci preoccupiamo di lasciare le cose in "ordine", cerchiamo di assicuraci di morire "sapendo" che i nostri figli hanno un futuro per quanto possibile comodo, oppure vogliamo assicurarci di mandare avanti questo mondo o di lasciare traccia per i posteri? C'è un "qualcosa" dentro di noi che non comprendiamo bene,
ma che ci fa muovere verso queste finalità; un qualcosa che non può nascere spontaneamente in un agglomerato di cellule che vive "per caso".
A mio avviso, sono un credente evangelico, questa è solo una delle mille prove che mi convincono sulla continuità della vita oltre la morte.
Per quanto riguarda gli atei, sempre a mio avviso, solo chi ha studiato tutte le scritture e tutte le religioni in profondità può, ad un certo punto della vita, dichiararsi ateo. Vale a dire, che essere atei veri comporta uno sforzo immane!
Svegliarsi una mattina e dire di non credere a nulla, senza vedere (ricerca) se c'è un qualcosa, è oltremodo immaturo, irresponsabile verso sé stessi, qualunquista e forse anche un po' insulso.

Spero di aver trovato parole che le diano un po' di riposo mentale e rimango a disposizione se qualche punto le fosse rimasto oscuro o abbisognasse di approfondimento.

Cordialmente,
Antonio Lattanzio





Mi scusi, sig. Martinoli,
non potevo ricordare solo dal nome la circostanza del nostro contatto.
Può quindi mantenere il mio indirizzo in lista.
Le rinnovo disponibilità a ulteriori approfondimenti sul soggetto trattato, qualora ne sentisse il bisogno.
Cordialità,
Antonio Lattanzio



GM. Caro Antonio
La ringrazio della disponibilità dei suoi testi.

Alle due classiche risposte-posizioni sull’esistenza di Dio che Lei tanto finemente approfondisce, ne aggiungerei una terza, quella dell’agnostico, cioè di quello che non sa e non avendo fede (sia rispondere si che rispondere no comporta una fede, stante l’impossibilità di dimostrare sia l‘esistenza che l’assenza di Dio e dunque anche l’ateo è un credente), si astiene dal rispondere. Egli non può dire nulla, non potendo dimostrare né l’una (l’esistenza) né l’altra condizione (la non esistenza). Io mi ritengo tale ma non per questo mi arrendo e mi fermo, anzi la mia ricerca è ancor più sofferta perché più libera e possibilista.

Certo intriga il vezzo di lasciare tutto in ordine prima di morire ma non ci farei tanto affidamento. Non mi sembra una smania universale. C’è chi fa figli e poi li abbandona e c’è chi, avuto in eredità patrimoni, li dilapida completamente e sconsideratamente.
Quel vezzo comunque, glielo riconosco, pare sottendere una certa voglia metafisica.

Concludo sull’ateo gratuito e disinformato dicendole che la stessa critica di leggerezza che Lei gli muove si può rimproverare a taluni credenti (certo non è il suo caso) che si guardano bene dall’informarsi o dal contaminarsi con altre religioni diverse e forse nemiche della loro.

A presto caro Antonio
Guido Martinoli



Caro Guido,
ho riletto la sua mail e concordo sull'esistenza della terza posizione: l'agnosticismo.
Non l'ho citato fra le mie prime considerazioni perché è questa la dotazione con la quale nasciamo tutti, impossibilitati, per mancanza di prove, a dire come stanno le cose. E' come svegliarsi all'improvviso su un treno che non si sa da dove viene né dove va e occuparsi, volutamente, durante il viaggio, solo del miglioramento/mantenimento del proprio posto.
Questo è comprensibile, però, crescendo, si fanno due sbagli.

Il primo è quello di considerare la fede come un qualcosa che piove improvvisamente e in modo assolutamente casuale su taluni e non su altri. E questo è l'aspetto meno pesante, perché credere una cosa qualsiasi sulla fede (che è trascendentale) è comunque credere. (Ecco provarsi giusta la sua osservazione che anche l'ateo, volente o nolente, è un credente.)

Il secondo sbaglio, forse il più grave benché inconscio, è quello del non rendersi conto che la presenza di prove tangibili in un senso o nell'altro, ci avrebbe presentato un mondo del tutto diverso da quello che conosciamo, quindi: saremmo tutti, vista la fallacità della natura umana, ipocritamente e obbligatoriamente buoni, perché consci di una supervisione eccelsa (ma in questo caso la Divinità lo saprebbe e ce ne renderebbe conto) oppure saremmo tutti malviventi o rispettosi, si fa per dire, solo delle leggi degli uomini, ma liberi di "sortite" ben più gravi di quelle che leggiamo ogni giorno sui giornali, appena si profili l'ombra dell’impunità.

La mancanza di prove segna un punto a favore dello spirituale, perché è l'unico modo che ci permette l'uso del libero arbitrio che tutti riconosciamo di avere. Una mancanza di prove che dimostra, o quantomeno suggerisce, l'intenzionalità di una fonte, ma qui si apre tutto un altro discorso.

Ovviamente chi volesse mantenere il proprio punto di vista preconcetto, può sempre continuare a dire che tutto è avvolto nel mistero, ma questo comunissimo modo di fare azzera ogni sforzo per far luce.

Sono, invece, assolutamente del suo stesso parere in quanto ai credenti che non s’informano e non si confrontano con altre realtà. Le religioni organizzate hanno tendenze opposte (con le dovute eccezioni nel loro stesso ambito): troppo rigide, leggi Islam, troppo superficiali, leggi cattolicesimo (poco o pochissimo insegnamento – fai come ti dico e vai tranquillo), troppo superstiziose, leggi orientali e animiste e via dicendo.

In poche parole, l'uomo diventa la pietra d'inciampo di altri uomini, per interesse, gloria personale, sottomissione di sudditi, ecc. Poiché lo spirituale non è di questo mondo, dobbiamo affidarci con estrema attenzione alle interpretazioni umane e non accettare a occhi chiusi ciò che viene insegnato, anche con sincerità.

Prima di chiudere questo mio intervento, desidero darle uno strumento di misura che ritengo essere quanto mai affidabile.

Considerando l'esistenza di un Creatore (senza darGli alcun nome o identità) soffermiamoci sulle qualità che DEVE avere per essere tale. Certamente eterno, onnipotente e così via fino a: imparziale! Ovviamente queste qualità dovranno essere perfette, non migliorabili né peggiorabili. (Brahma, che dovrebbe vivere quindicimila miliardi di anni, non può essere Dio perché – fenomenale che lo si voglia considerare - è comunque destinato a morire (per ammissione della loro stessa dottrina).
Si ricorderà che a Sevres vicino Parigi, era depositata una barra di platino-iridio come misura di riferimento del metro. Quindi, teoricamente, se qualcuno mi vendesse un metro di qualsiasi cosa e io avessi dei dubbi sulla precisione, potrei portare quel qualcosa a Sevres per accertare la misura o la differenza.
Con un Creatore imparziale, la cosa è analoga.

Se voglio controllare una dottrina, un credo, un’intera religione o un concetto, approfondirò (ecco lo studio di cui dicevo) i suoi contenuti e li misurerò con le qualità del Creatore per accettare o rigettare con sicurezza ogni cosa che differisce.

Un esempio e chiudo: una religione, una dottrina, un rito che nasce in tempi recenti, che non abbia in sé la stessa efficacia disponibile dal primo uomo che sia mai esistito all'ultimo che mai esisterà, non può essere vera perché renderebbe il Creatore parziale e quindi non Dio. Per cominciare ad essere precisi, una religione che nasce 600 anno dopo Cristo, o nel 1800, dimostrerebbe che quel loro Dio non ha manifestato Sé stesso fino ad allora e avrebbe condannato a morte (spirituale) certa tutti quelli che sono vissuti fino a quella data.

Studiando le varie religioni ci si accorge che la maggior parte non ha un provvedimento redentivo per chi ha preceduto il loro avvento, pur facendone i nomi e spesso, fondandosi proprio su di loro.

L'unica emanazione religiosa che ha in sé un provvedimento universale, è quella giudaico-cristiana. Ma questo glielo spiegherò meglio qualora lo desiderasse.

Intanto, cordialità e simpatia.
Antonio (Tony) Lattanzio












19) Carlo Liverani (Agnostico insoddisfabile)
La pensa come me il Carlo. Anche ad essere in tanti si può restare tutti all’oscuro, ahinoi

Non sono d'accordo con quello che Le suggerisce Sergio Romano e cioè di cercare di rientrare forzatamente dentro una delle schiere esistenti.
Ormai ho 56 anni e anch'io la penso esattamente come Lei. E purtroppo continuo a vivere male, ma non so che farci. Credo che altri prima di noi abbiano già vissuto queste angosce (Indro Montanelli, Augusto Guerriero, per citarne due). Ma non c'è via d'uscita. E si vive con tristezza ... Certo non La consolerà, ma ho sentito il bisogno di scriverLe.
Cordialmente,
Carlo Liverani


Ben volentieri acconsento alla pubblicazione sia del testo sia della mia e-mail.
Chissà, potrebbero nascere spunti interessanti.
Io scrivo da Milano e sono medico.
Auguri,
Carlo
Il giorno 24 settembre 2008 0.17,


GM. Caro Carlo
Mi scusi il ritardo ma, come dettovi, grossi problemi tecnici mi hanno bloccato l’ADSL per due settimane.
La ringrazio della sua disponibilità alla divulgazione, che spero sortirà qualche beneficio.
Certo, che questa società possa vivere più male di così sarà difficile e non parlo dei prezzi o del governo ovviamente e neppure dei terremoti e delle alluvioni ………..
La sento in piena sintonia con la mia povera condizione di essere pensante senza fondamenti assoluti e alla loro spasmodica ricerca.
Non dirò la scontata “mal comune …..” non aggiungerebbe nulla.
Come avrà capito quello che più mi sconvolge è la quasi totale indifferenza sul Problema, che domina su una smisurata massa di cervelli umani (il fatidico 90% e forse più). Come facciano a non pensarci per me resta un mistero e non c’è titolo di studio che tenga, giacché tutti sanno che devono morire.
Certo ci sono i problemi quotidiani: la famiglia, il lavoro, l'inflazione, la scuola, i divertimenti, l’evasione (fiscale e non), la televisione, ecc ecc ma vivere 70, 80 e più anni senza mai interrogarsi sul senso della vita, la verità ultima e Dio non è da uomini ma semmai da bufali.
Eppure ci sarebbe una possibilità forse l’unica, irreale e rivoluzionaria come nessun’altra.
Il marxismo è niente al confronto e non sto paventando barricate o sangue nelle strade.
Sto semplicemente parlando di una società di uomini veri con la “U” maiuscola, finalizzati sempre, solo e comunque alla ricerca di “quelle risposte”, con le loro risorse (fisiche e mentali) investite tutte e completamente in questo strategico obiettivo.
Tutto il resto, che sembra oggi tanto importante, come l’economia, il benessere e la stessa salute, avrebbe una valenza solo tattica, subordinata e funzionale al fine prefissato.
Come certo saprà, un “certo” Platone teorizzò già 2300 anni un simile progetto nella sua “Repubblica”. Qualche volta nelle rare discussioni che tento (stante la pochezza generale che mi circonda, modestia a parte), provo a riparlare del pensiero al potere e del governo dei filosofi (l’Aristocrazia platoniana). Ma sarà per la mia incompetenza linguistica, sarà per la viscerale idiosincrasia che la gente nutre per i filosofi, sarà per il valore imperante e sacro della democrazia (decisamente in opposizione a quell’aristocrazia che fatalmente si fonda sulla diseguaglianza), fatto sta che nessuno mi capisce e vengo preso irrimediabilmente per un illuso o peggio per un megalomane o semplicemente per un …… pirla.
Mi sono fatto l’idea che la maggioranza delle persone non vuole essere scocciata da queste, che considera solo menate (la frase fatta che mi rinfacciano più spesso è che sono solo seghe mentali). Non vuole angosciarsi ma restare in quell’infantile leggerezza o incoscienza, che gli permette di girare altrove lo sguardo (de-vertere, divertirsi) e continuare nell’illusione.
In fondo li invidio ma per me (per noi) è troppo tardi.
A risentirla caro Dottore
Guido Martinoli




Carissimo Ingegnere,
sono contento di vedere altre persone sintonizzate sulla nostra lunghezza d'onda.
Tuttavia ciò non mi consola più di tanto, perché non vedo comunque una soluzione all'eterna domanda. Almeno non sono solo è vero, ma sul come alleviare l'angoscia quotidiana del vivere - per carità non dico di essere costantemente depresso o di rovinarmi tutte le giornate - resto abbastanza scettico, per il momento.
Con stima,
Carlo Liverani
Il giorno 4 ottobre 2008 20.06








20) Giancarlo Locati (fisico in recupero d’identità)
Talvolta la pensione permettere di riesaminare l’intera nostra vita, per tornare anche indietro e ripartire con nuovo entusiasmo per nuove mete esistenziali

Caro Martinoli,
ho letto sul Corriere il suo sfogo sul senso della vita e ho visto che qualcuno ha anche provato a rispondere esponendo la sua filosofia di vita, quella che già un classico latino definiva ‘carpe diem’.
Naturalmente i pareri sono molti, Pavese parlava della ‘fatica di vivere’. Qualcuno ha cercato un senso alla vita facendo qualcosa per gli altri, penso ad esempio a Gino Strada e a tutti gli altri che qui e in giro per il mondo si danno da fare.
Da parte mai vorrei solo farle un cenno a cosa ne penso io
Arrivato alla soglia dei 55 anni (oggi ne ho dieci di più e, come previsto, sono in pensione) mi sono chiesto cosa avrei fatto da grande. Mi angosciava cosa mi aspettava dopo la pensione, a parte qualche viaggio, qualche eventuale nipotino, qualche hobby, ecc. Un’idea che mi è venuta è stata quella di riprendere il filo di ciò che avevo studiato (sono un fisico), che allora mi aveva appassionato, ma che poi, per le circostanze della vita avevo dovuto abbandonare. Per me è stata un’idea brillante: oggi posso seguire corsi vari, in varie parti d’Italia e del mondo (e quindi anche viaggiare), ho contatti con varie persone, posso fare domande a persone di buon livello e poi, addirittura, ho provato a scrivere qualcosa. Insomma, mi sembra di partecipare in qualche modo agli sviluppi moderni della conoscenza del mondo.
A me sembra una buona soluzione che dà un senso alla mia vita. In effetti sono convinto che il Padreterno sia stato molto geniale nel non svelarci tutto e lasciarci molto da scoprire.
Dopo questa esperienza capisco meglio ora cosa voleva dire il nostro grande poeta: Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza. Mi pare che ‘la conoscenza’, cioè la curiosità e la ricerca di come è fatto il mondo possa dare un pizzico di sapore alla vita.
Non pretendo di insegnarle nulla (anzi mi scuso per le citazioni), volevo solo fare un esempio personale di come si possa provare a far qualcosa di sensato in questa vita, almeno così mi pare.
Cordialmente
Giancarlo Locati



GM. Caro Giancarlo
Nel ringraziarla dell’attenzione, Le rammento, come detto nella mia ultima comunicazione, che spero Le sia giunta, di comunicarmi se ritiene fattibile la divulgazione eventuale dei suoi testi.

Ciò che Lei dice riguardo all’impegno a capire il mondo mi trova totalmente in sintonia.
In fondo è la società che vorrei e che sogno: una moltitudine di persone e di cervelli totalmente e continuamente concentrati sulla conoscenza e sulla verità. Tutte le risorse, materiali e mentali, sarebbero investite nella scienza e il resto, dall’economia alla salute e dalla politica alla stessa religione, sarebbe solo funzionale e subordinato alla ricerca stessa. Peccato ahinoi, che tutto questo sembra pura utopia alla maggioranza degli individui, che al contrario sono preoccupati a godersela, a cantarsela senza pensarci troppo, quasi fossero immortali.

Se posso permettermi, caro Giancarlo, almeno Lei l’ha capito seppure in ritardo. Diceva certo maestro Manzi che certo ricorderà: “Non è mai troppo tardi”, per pensare all’essere, soprattutto.

Buona ricerca Giancarlo, grazie e attendo sue nuove.
Guido Martinoli



Caro Martinoli,
rispondo solo oggi, perché sono stato fuori per un po’ di giorni.
Non ho difficoltà a lasciarle 'pubblicare' il testo della mia lettera (dove?).
Cordialmente
Giancarlo Locati











21) Massimo Magnani (amante della vita)
E’ sulla scia di altri amici che nonostante tutto si esaltano per i momenti di piacere che pochi o tanti allietano la nostra strana esistenza.


Caro Guido, Lei è in ottima compagnia.
Non so se La potrà consolare, ma io vorrei condividere una mia riflessione.
Il pensiero giudaico cristiano, permea da millenni la nostra cultura.
Tra gli elementi fondamentali c'è il senso di colpa per il peccato originale e la visione pessimistica del mondo terreno visto come, appunto,"Valle di lacrime".
Tutti siamo più o meno influenzati da questa visione.
Chi si ritrova senza fede, vede comunque il mondo come un luogo assurdo e pieno di dolore e sofferenza senza la consolazione della speranza nell'aldilà.
Non è sempre stato così.
Se risaliamo al pensiero Latino, Lucrezio, e Greco, Epicuro soprattutto, incontriamo una visione laica, ma serena dell’esistenza.
Ripercorrere queste fasi del pensiero occidentale mi è stato di grande aiuto.
Mi permetto di consigliarle anche di assistere a qualche conferenza del dr. Galimberti che su questi temi ne sa sicuramente più di tanti altri.
Auguri, comunque.
Epicuro diceva:
il saggio può essere felice anche dentro al toro di Oloferne, se nella vita ha potuto godere di anche solo attimo di felicità...
O una cosa del genere.
La vita è bella
Buone cose Lei,
Massimo Magnani



GM. Caro Massimo
Mi scuso per l’enorme ritardo, La ringrazio dell’interessamento e Le ricordo di dirmi della disponibilità a divulgare i suoi testi, come ho richiesto nella lettera collettiva che spero Le sia giunta (mi da conferma?).
Le rispondo grosso modo come ho fatto all’amico Carbognani. L’empasse centrale che individuo nella sua posizione è che considera la felicità come valore istantaneo, impulsivo e transitorio. Spero sia solo una questione lessicale. Infatti, la felicità, quella autentica non può essere finita e relativa, ma deve essere necessariamente assoluta, altrimenti non è felicità punto. Si può essere sereni un giorno, tristi un mese, gioiosi un attimo ma felici sulla terra e in vita penso proprio di no. Il mondo è così e non l’ho fatto Io.

Del tutto d’accordo sull’effetto consolatorio della fede per chi ce l’ha.
Io spesso la desidero ma ahimè mi sembra faccia la preziosa e allora perdo la pazienza …..

Anche sulla bellezza della vita avrei da dire e non mi consideri pedante e insoddisfabile.
La questione è che ci manca qualsiasi paragone. C’è toccata questa vita e questa dimensione fisica e questa sola conosciamo; come possiamo dare un giudizio a riguardo? Su che riferimenti e con che criteri analitici potremmo fondarlo?






22) Cecco Malfatti (ateo “silvestre”)
Maestro di freddezza e di distacco, ispirato dall’ironia e dalla noia leopardiana.

10 sett.08
Egregio Sig. Martinoli, ho letto, con un certo gusto, la Sua lettera a Romano su “Il senso della vita” (“Corriere” del 4 u.s.).
Il senso della vita credo che sia il problema che affligge la filosofia da oltre 4000 anni.
A me pare che l’approdo più logico (stavo per dire “più felice”) sia quello di Severino (il maggiore filosofo contemporaneo): “l’uomo è figlio del caso per un processo senza scopo”, là dove “lo scopo” severiniano è naturalmente quello escatologico (forse presente in pochi).
I più sono travolti dallo “scopo quotidiano”, (che poi è quello che, nel bene e nel male, manda avanti questo pazzo mondo). Lei con la Sue gustose lettere (e non si angosci, né disperi), altri invitando a cena nella sua sontuosa villa Naomi Campbell. Poi però (e per fortuna) per tutti “’a livella”. Cordialmente Malfatti.
N.B. Per lenire la sua disperazione Le unisco un Leopardi poco conosciuto (veda il finale).

Segue un pdf de Il gatto silvestre
Giacomo Leopardi Opera Omnia€ Cantico del Gallo Silvestre
Affermano alcuni maestri e scrittori ebrei, che tra il cielo e la terra, o vogliamo
dire mezzo nell'uno e mezzo nell'altra, vive un certo gallo salvatico; il quale sta in
sulla terra coi piedi, e tocca colla cresta e col becco il cielo. Questo gallo gigante,
oltre a varie particolarità che di lui si possono leggere negli autori predetti, ha uso
di ragione; o certo, come un pappagallo, e stato ammaestrato, non so da chi, a
profferir parole a guisa degli uomini: perocche si e trovato in una cartapecora
antica, scritto in lettera ebraica, e in lingua tra caldea, targumica, rabbinica,
cabalistica e talmudica, un cantico intitolato, Scir detarnegòl bara letzafra, cioe
Cantico mattutino del gallo silvestre: il quale, non senza fatica grande, ne senza
interrogare piu d'un rabbino, cabalista, teologo, giurisconsulto e filosofo ebreo,
sono venuto a capo d'intendere, e di ridurre in volgare come qui appresso si
vede. Non ho potuto per ancora ritrarre se questo Cantico si ripeta dal gallo di
tempo in tempo, ovvero tutte le mattine; o fosse cantato una volta sola; e chi l'oda
cantare, o chi l'abbia udito; e se la detta lingua sia proprio la lingua del gallo, o
che il Cantico vi fosse recato da qualche altra. Quanto si e al volgarizzamento
infrascritto; per farlo piu fedele che si potesse (del che mi sono anche sforzato in
ogni altro modo), mi e paruto di usare la prosa piuttosto che il verso, se bene in
cosa poetica. Lo stile interrotto, e forse qualche volta gonfio, non mi dovra essere
imputato; essendo conforme a quello del testo originale: il qual testo corrisponde
in questa parte all'uso delle lingue, e massime dei poeti, d'oriente.
€€€€€€Su, mortali, destatevi. Il di rinasce: torna la verita in sulla terra e partonsene le
immagini vane. Sorgete; ripigliatevi la soma della vita; riducetevi dal mondo
falso nel vero.
€€€€€€Ciascuno in questo tempo raccoglie e ricorre coll'animo tutti i pensieri della
sua vita presente; richiama alla memoria i disegni, gli studi e i negozi; si propone
i diletti e gli affanni che gli sieno per intervenire nello spazio del giorno nuovo. E
ciascuno in questo tempo e piu desideroso che mai, di ritrovar pure nella sua
mente aspettative gioconde, e pensieri dolci. Ma pochi sono soddisfatti di questo
desiderio: a tutti il risvegliarsi e danno. Il misero non e prima desto, che egli
ritorna nelle mani dell'infelicita sua. Dolcissima cosa e quel sonno, a conciliare il
quale concorse o letizia o speranza. L'una e l'altra insino alla vigilia del di
seguente, conservasi intera e salva; ma in questa, o manca o declina.
Se il sonno dei mortali fosse perpetuo, ed una cosa medesima colla vita; se
sotto l'astro diurno, languendo per la terra in profondissima quiete tutti i viventi,
non apparisse opera alcuna; non muggito di buoi per li prati, ne strepito di fiere
per le foreste, ne canto di uccelli per l'aria, ne susurro d'api o di farfalle scorresse
per la campagna; non voce, non moto alcuno, se non delle acque, del vento e delle
tempeste, sorgesse in alcuna banda; certo l'universo sarebbe inutile; ma forse che
vi si troverebbe o copia minore di felicita, o piu di miseria, che oggi non vi si
trova? Io dimando a te, o sole, autore del giorno e preside della vigilia: nello
spazio dei secoli da te distinti e consumati fin qui sorgendo e cadendo, vedesti tu
alcuna volta un solo infra i viventi essere beato? Delle opere innumerabili dei
mortali da te vedute finora, pensi tu che pur una ottenesse l'intento suo, che fu la
soddisfazione, o durevole o transitoria, di quella creatura che la produsse? Anzi
vedi tu di presente o vedesti mai la felicita dentro ai confini del mondo? in qual
campo soggiorna, in qual bosco, in qual montagna, in qual valle, in qual paese
abitato o deserto, in qual pianeta dei tanti che le tue fiamme illustrano e
scaldano? Forse si nasconde dal tuo cospetto, e siede nell'imo delle spelonche, o
nel profondo della terra o del mare? Qual cosa animata ne partecipa; qual pianta
o che altro che tu vivifichi; qual creatura provveduta o sfornita di virtu vegetative
o animali? E tu medesimo, tu che quasi un gigante instancabile, velocemente, di e
notte, senza sonno ne requie, corri lo smisurato cammino che ti e prescritto; sei tu
beato o infelice?

Mortali, destatevi. Non siete ancora liberi dalla vita. Verra tempo, che niuna
forza di fuori, niuno intrinseco movimento, vi riscotera dalla quiete del sonno;
ma in quella sempre e insaziabilmente riposerete. Per ora non vi e concessa la
morte: solo di tratto in tratto vi e consentita per qualche spazio di tempo una
somiglianza di quella. Perocche la vita non si potrebbe conservare se ella non
fosse interrotta frequentemente. Troppo lungo difetto di questo sonno breve e
caduco, e male per se mortifero, e cagione di sonno eterno. Tal cosa e la vita, che a
portarla, fa di bisogno ad ora ad ora, deponendola, ripigliare un poco di lena, e
ristorarsi con un gusto e quasi una particella di morte.
Pare che l'essere delle cose abbia per suo proprio ed unico obbietto il morire.
Non potendo morire quel che non era, percio dal nulla scaturirono le cose che
sono. Certo l'ultima causa dell'essere non e la felicita; perocche niuna cosa e felice.
Vero e che le creature animate si propongono questo fine in ciascuna opera loro;
ma da niuna l'ottengono: e in tutta la loro vita, ingegnandosi, adoperandosi e
penando sempre, non patiscono veramente per altro, e non si affaticano, se non
per giungere a questo solo intento della natura, che e la morte.
€€€€€€A ogni modo, il primo tempo del giorno suol essere ai viventi il piu
comportabile. Pochi in sullo svegliarsi ritrovano nella loro mente pensieri
dilettosi e lieti; ma quasi tutti se ne producono e formano di presente: perocche
gli animi in quell'ora, eziandio senza materia alcuna speciale e determinata,
inclinano sopra tutto alla giocondita, o sono disposti piu che negli altri tempi alla
pazienza dei mali. Onde se alcuno, quando fu sopraggiunto dal sonno, trovavasi
occupato dalla disperazione; destandosi, accetta novamente nell'animo la
speranza, quantunque ella in niun modo se gli convenga. Molti infortuni e
travagli propri, molte cause di timore e di affanno, paiono in quel tempo minori
assai, che non parvero la sera innanzi. Spesso ancora, le angosce del di passato
sono volte in dispregio, e quasi per poco in riso come effetto di errori, e
d'immaginazioni vane. La sera e comparabile alla vecchiaia; per lo contrario, il
principio del mattino somiglia alla giovanezza: questo per lo piu racconsolato e
confidente; la sera trista, scoraggiata e inchinevole a sperar male. Ma come la
gioventu della vita intera, cosi quella che i mortali provano in ciascun giorno, e
brevissima e fuggitiva; e prestamente anche il di si riduce per loro in eta provetta.
€€€€€€Il fior degli anni, se bene e il meglio della vita, e cosa pur misera. Non per
tanto, anche questo povero bene manca in si piccolo tempo, che quando il vivente
a piu segni si avvede della declinazione del proprio essere, appena ne ha
sperimentato la perfezione, ne potuto sentire e conoscere pienamente le sue
proprie forze, che gia scemano. In qualunque genere di creature mortali, la
massima parte del vivere e un appassire. Tanto in ogni opera sua la natura e
intenta e indirizzata alla morte: poiche non per altra cagione la vecchiezza
prevale si manifestamente, e di si gran lunga, nella vita e nel mondo. Ogni parte
dell'universo si affretta infaticabilmente alla morte, con sollecitudine e celerita
mirabile. Solo l'universo medesimo apparisce immune dallo scadere e languire:
perocche se nell'autunno e nel verno si dimostra quasi infermo e vecchio,
nondimeno sempre alla stagione nuova ringiovanisce. Ma siccome i mortali, se
bene in sul primo tempo di ciascun giorno racquistano alcuna parte di
giovanezza, pure invecchiano tutto di, e finalmente si estinguono; cosi l'universo,
benche nel principio degli anni ringiovanisca, nondimeno continuamente
invecchia. Tempo verra, che esso universo, e la natura medesima, sara spenta. E
nel modo che di grandissimi regni ed imperi umani, e loro maravigliosi moti, che
furono famosissimi in altre eta, non resta oggi segno ne fama alcuna; parimente
del mondo intero, e delle infinite vicende e calamita delle cose create, non rimarra
pure un vestigio; ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empieranno lo
spazio immenso. Cosi questo arcano mirabile e spaventoso dell'esistenza
universale, innanzi di essere dichiarato ne inteso, si dileguera e perderassi.

cecco.malfatti@alice.it



GM. Caro Cecco
La ringrazio dell’attenzione e mi scuso per il ritardo, ma la solita Telecom mi ha costretto a due settimane di buio ADSL. Come Le ho scritto Le richiedo della disponibilità a divulgare eventualmente anche i suoi testi. Mi fa sapere?
Anch’Io stimo il grande Emanuele ovviamente. Nello specifico però mi sorge il dubbio, me misero, che faccia anch’egli quel salto gratuito che rimprovera spesso ai religiosi, il salto della fede.
Infatti, che siamo figli del caso e senza scopo è tutto da …… dimostrare oppure vogliamo credere al caso …….. per fede?
Mi sembra che più volte Il buon Severino ha sostenuto, sulle orme di Nietzche, che si possa dimostrare la morte di Dio o che Dio non esista. Confesso la mia incompetenza ma, pur risentendolo più volte, ancora non ho afferrato tale delicata deduzione. Per cui fino ad allora mi tocca restare dell’idea che anche l’inesistenza di Dio sia fondata su un atto di fede. La stessa critica mi sento di muovere allo stesso grande Giacomo, che, se da un lato affascina col suo approccio ironico, leggero e disperato, dall’altro non tenta neppure di fondare la sua posizione con uno straccio di ragionamento scientifico o almeno filosofico. Non nego l’assurdità o la casualità dell’essere, una possibilità del tutto disponibile, ma contesto la gratuità di queste affermazioni.
Il caso si deve dimostrare e non può esserci per caso (tautologismo estremo):
A presto caro Cecco
Guido Martinoli







23) Barbara Mella (sanguigna e sicura di se)
Precisa, concisa e decisa la Barbara; va giù dura e dice quel che pensa


Diventa ogni giorno più imbecille, pover'uomo. D'altra parte, da uno abituato da sempre a stare ben saldo dalla parte della maggioranza, che cosa aspettarsi?
Un cordiale saluto
barbara mella


GM. Cara Barbara
La ringrazio dell’attenzione, mi scuso del ritardo e le ricordo di farmi sapere riguardo alla divulgabilità dei suoi testi.
Finalmente Le rispondo come promesso. Non ho ovviamente molto da riproporle, stante la sua concisione e categoricità. Non ho nulla da rimproverare al buon Sergio. Già l’avermi pubblicato è più di quanto sperassi, se penso alle migliaia di lettere che gli arrivano. Immagino che anche Lei come gli altri 34 apprezzi il mio sforzo e capisca lo scoramento. Mi basta e avanza.
Puntualizzo: più che solo mi sento incompreso, il che è anche peggio.
Attendo sue gradite comunicazioni magari di contenuti più pertinenti e più profondi.
A presto, Guido Martinoli


Sì, certo, nessun problema . Mi permetto però di suggerire di mettere i destinatari in copia nascosta per gli invii cumulativi: è decisamente più sicuro.
barbara









24) Antonio Meneghetti (lettore appassionato)
Perché scervellarsi da soli quando altri hanno già scoperto l’arcano?

Buongiorno, ho letto sul Corriere della sera la Sua lettera nella quale esprime il desidero di conoscere quale senso abbia vivere, il perché siamo a questo mondo.
Ho avuto anch'io questa sete di conoscenza e ho trovato le risposte in alcuni libri che mi permetto di suggerirLe di leggere.
Sono editi dalle Edizioni Crisalide e l'autore è Hilarion, il costo varia dai 10 ai 15 euro l'uno e si trovano anche sui siti di vendita di libri in internet.
I titoli sono:
La natura della realtà;
Le stagioni dello spirito;
Sulla soglia;
Simboli;
Astrologia più.
A scanso di equivoci vorrei precisarLe che non sono nè 'autore né l'editore e quindi non ho interessi materiali in questione ma solo il piacere di farLe conoscere alcune letture che mi hanno messo l'animo in pace e mi permettono di vedere la vita ed il mondo con altri occhi.
Buona lettura.
Antonio Meneghetti



GM. Caro Antonio
La ringrazio dell’attenzione. Cercherò di seguire il suo consiglio. Non sono ahimè un gran lettore e me ne vergogno. Qualcuno ha affermato che hanno già detto e critto tutto, basta sapere dove reperirlo.
il suo è certo un ottimo indirizzo di riferimento. Non m’illudo peraltro di mettere l’animo in pace. Mi conosco e so quanto sono difficile e insoddisfabile.
Infine che mi dice sulla divulgabilità dei suoi testi?
Grazie ancora e a presto



Ritengo che il mio testo possa essere divulgato senza difficoltà per cui ti permetto di farlo. Buona giornata.
Antonio







25) Ambrogio Novelli (ricercatore pacato e modesto)
Vivendo, c’è di meglio che riflettere e ricercare? Per l’Ambrogio penso di no.


Egregio Sig. Martinoli,
ho letto, sul Corriere di ieri, la Sua lettera a Sergio Romano, che raccoglie ed esprime questioni profonde che costituiscono stimolo ed attanagliano la mia vita.
Ho visto che Lei ha indicato un Suo recapito E-Mail e, non volendo essere invadente, mi piacerebbe poterLe dire che l’oggetto della Sua riflessione e della Sua domanda mi accompagna, pressoché quotidianamente.
Ho cercato risposte, approfondimenti e conforto nello studio (“matto e disperatissimo”, per usare la nota espressione), mi è molto difficile accettare la sofferenza e non capirne il senso e lo scopo, mi attira e, contemporaneamente, mi atterrisce il mistero del grande e del piccolo che ci circonda.
Ho passato un lungo periodo della gioventù da cattolico, ma, con rispetto per quel cammino, mi sono reso conto che non è in grado di dare risposte che vadano al di là del “così è, lo devi prendere così, ci devi credere e comunque non si può né capire, né spiegare tutto …”. E questo non certo può bastare !
Provo a trovare conforto nel cercare di essere consapevole, di rendermi conto di ciò che faccio ad ogni passo e riconoscere a me stesso perché lo faccio; cerco anche di scegliere ogni cosa (credendo, in questo, di vivere una dimensione di libertà, anche se, probabilmente, è molto illusoria . . . )
Non condivido, in tutta franchezza, la risposta di Romano (la quale, più che sbrigativa, mi appare dia una risposta un po’ “opportunista” ad una questione profonda, di fronte alla quale non hanno proprio senso né di palliativi né facili conforti …).
Le sono, in ogni caso, accanto (anche se, forse, un po’ più indietro).
Grazie per il Suo intervento.
Con i miei migliori saluti,
ambrogio novelli


GM. Caro Novelli
Come già detto, mi permetto di richiederle della disponibilità a pubblicare se possibile i suoi scritti con o senza firma.
Vengo adesso alla sua lettera, che mi sembra manifesti la mia stessa e sofferta incertezza esistenziale, per Lei scaturita da una sorta di delusione verso la fede, quella fede che molti da ragazzi ritengono di avere, ma che poi si rendono conto che, crescendo, non basta a reggere i poderosi urti dello spirito critico.
Mi sembra che anche Lei colga una contraddizione nel suo delicato tentativo di vivere e di scegliere secondo libertà, mancando dei fondamenti minimi della verità e del senso, una volta accantonata la fede di cui sopra e non disponendo di altro e di meglio.
Quel che resta è ahinoi semplicemente e drammaticamente l’angoscia, il fatidico tedio del grande “Giacomo”, che credo anche lei apprezzi avendolo summenzionato. Io ritengo non ci sia problema più importante o prioritario rispetto a questo. La politica, il benessere fisico, la vita e dunque la stessa fede vengono decisamente dopo. Dovrebbero essere in funzione e subordinate a quello.
La ricerca della verità, quella ultima e definitiva, ne sono convinto, deve diventare l’unico, diffuso e improcrastinabile obiettivo dell’umanità, costi quello che costi.
Per questo Io nel mio piccolo sto con il pensiero e con la scienza che da sempre insegue questo traguardo.
A presto caro Novelli


Caro Ing. Martinoli,
grazie della Sua risposta dell’altro ieri.
Ha senz’altro tutto il mio consenso per diffondere, come più ritiene opportuno, quanto Le ho scritto. Poiché, poi, ho manifestato ciò che credo e quanto ha costituito la mia esperienza, non vi è problema alcuno ad indicare il mio nome.
Apprezzo la Sua iniziativa e mi pare bello la Sua idea di un collegamento.
Circa quanto, da ultimo, mi accenna, non credo che pesantezza, sofferenza e tormento debbano, per forza, accompagnare la passione della ricerca, pur faticosa ed attanagliante del senso profondo delle cose e del significato del tutto.
Trovo, in questo, profondo conforto nel continuare a ricercare ed a stupirmi per le cose belle, piccole o grandi che siano.
Tra queste, senz’altro, vedere la voglia di una persona di capire e di non disperdersi nelle pieghe della superficie della “abbondante” realtà che ci circonda.
Apprezzo e gioisco per le Sue parole «la ricerca della verità, quella ultima e definitiva …».
Se Le dovesse capitare di fare un passo a Genova, La incontrerei molto volentieri ad avrei senz’altro piacere di averLa mio ospite a pranzo o cena.
Lo scambio delle esperienze fatte e, perché no, delle piccole conquiste di comprensione raggiunte costituisce certamente cosa utile e bella.
Un caro saluto,
ambrogio novelli



Caro Guido,
passo a darTi del Tu, ritenendomi Tuo “collega” di ricerca e fratello (nel senso più bello ed umano del termine).
Ho ricevuto il pdf con tutti gli interventi che Ti sono giunti e le risposte che hai dato.
Che ricchezza !
Intensa, piacevole e delicata ricchezza !
Con buona pace dei miei impegni di questo pomeriggio, mi sono “divorato” i contributi che Ti sono giunti, le riflessioni di ciascuno, le proposte, le idee, i colori e le sfumature di ogni persona che, come me, ha sentito il bisogno di contattarTi e di esprimersi su quanto di più profondo ed indicibile ci possa essere, come il senso delle cose e della Vita.
Puoi indicare la mia città (Te la avevo già indicata e, laddove lo ritenga opportuno, anche il mio indirizzo: Genova, Via XX Settembre, 29/11). Ho visto che non hai inserito la risposta che Ti avevo dato lo scorso 29 settembre. Non se sia una scelta voluta o Ti sia sfuggita; fai come ritieni più opportuno.
Per la foto, non impazzisco all’idea, ma senz’altro Ti farò avere qualcosa, non foss’altro per il fatto che Tu hai fatto circolare la Tua.
Grazie, ancora Grazie di tutto cuore per i momenti belli e di autentica passione che mi ha fatto vivere questo pomeriggio.
Ritienimi a Tua disposizione per tutto quanto Ti possa essere utile (anche banali attività redazionali o compilative) per realizzare l’utile lavoro che stai facendo.
Ricorda che se dovessi passare da queste parti, mi farebbe senz’altro piacere incontrarTi di persona.
Un caro saluto,
ambrogio



Caro Guido,
ieri sono stato via tutto il giorno e non sono riuscito ad aprire la posta.
Questa mattina, ho visto le intemperanze ed i messaggi che si sono prodotti.
Mi spiace che da una cosa bella come la Tua iniziativa, si possano produrre piccole o grande storture !
Peraltro, è proprio di questa esistenza, che cose belle e cose brutte si trovino tra loro collegate.
Non è forse vero che gli opposti si attirano … l’alfa e l’omega …
Ma Ti prego di non restarci male e di non ritenere che siano conseguenza di quanto di bello hai fatto.
E non mollare !
Ritienimi a Tua disposizione.
Buona giornata,
ambrogio







26) Franco Ottolenghi (scrittore ironico e discreto)
Il pensiero è sia esaltante che pericoloso; dominarlo o essere dominati?


Egregio Signor Martinoli,
la sua lettera al Corriere del 4 settembre 2008 é stata titolata "Il senso della vita", ma lei non andava cercando un senso, avendo decretato che la vita non ne ha, ma un perché. Ovviamente Romano non ha saputo rispondere.
Diceva un mio Maestro che le buone domande non hanno risposta, e alle altre non vale la pena di rispondere.

Io non saprei in quale delle percentuali da lei tratteggiate collocarmi. Tuttavia -ho 79 anni- ho pensato parecchio a questo problema, naturalmente senza risolverlo, ed ho scritto un libretto intitolato "In Che Senso", che sarei lieto di inviarle per farla sentire meno solo, come suggerisce Romano.
Se lei non desidera violare la sua privacy mandandomi il suo indirizzo, e se abita a Milano lo può trovare alla Libreria Claudiana in via Francesco Sforza.
Spero di non averla importunata e la saluto cordialmente.

Franco Ottolenghi



GM. Caro Franco
è sabato 27 settembre e mi è appena arrivato il suo "In che senso".
Grazie del dono, lo leggerò subito e in profondità, la sua correttezza e generosità fanno di Lei un vero signore.

Devo supporre, dunque, che le è arrivato il mio messaggio che ho inviato a tutti quelli che mi hanno scritto, chiedendo loro della disponibilità dei loro testi. La prego di rispondermi a riguardo. L’intero testo e frasi come " le buone domande non hanno risposta, e alle altre non vale la pena di rispondere" meritano certo più luce.

Venendo al merito della sua lettera, Le confermo che considero ancora privo di senso questo mondo attuale (Lapalisse insegna). Non dispero peraltro che, forse chissà, prima o poi, qualcuno coglierà quella fatidica essenza che adesso ci sfugge. Considero tale valore e obiettivo assolutamente necessari e prioritari rispetto ad ogni altro. Ogni attività umana, politica, economia, scienza, religione ecc dovrebbe essere finalizzate esclusivamente a questo fine, costi quello che costi.
Tra i maggiori ostacoli a questo progetto annovero la sottile ma pervasiva forza della morale, certo romanticismo sterile e infantile, una scienza subordinata e imbelle, una religione e una fede calmanti e arrendevoli.
La grande risorsa nelle mani dell'uomo è stato ed è ancora sempre e comunque il suo pensiero, che ritengo sia la più libera e dunque più performante delle sue povere e limitate capacità.
Ecco perché mi sconvolge immensamente quel novanta per cento d’individui che non usa o usa male (in direzioni effimere ed inutili) il suo cervello. Peccherò di presunzione ma da quel poco che so di Lei, mi sento di escluderLa senza dubbio da quelli.
Attendo sue nuove, la saluto e ancora ringrazio.
Guido Martinoli


Caro Guido,
sono lieto che il libro sia arrivato e spero che la lettura, che certo non risolverà il suo -e mio-problema sia almeno gradevole.
In quanto alla disponibilità del mio primo messaggio la mia risposta é naturalmente affermativa.
Il pensiero, come lei dice, é certamente la grande risorsa dell'uomo, che lo distingue dagli animali. Tuttavia il problema é l'uso che ne fa, perché fra le cose che lei cita, scienza, religione, politica, economia sono frutto appunto del pensiero di secoli. Questa facoltà dovrebbe essere usata sopratutto in senso critico ed autocritico, senza perdere di vista la nostra condizione di esseri limitati ma capaci di superarci. Ma non voglio filosofare e lascio parlare il mio talvolta giocoso libretto.

Credo che lei ed io facciamo parte della, per fortuna non sparuta schiera, di chi prende la vita sul serio. Teniamo duro....
Cordiali saluti
Franco Ottolenghi



Caro Martinoli,
grazie per il suo papirone. Ho visto che ha suscitato reazioni varie, alcune decisamente sgradevoli, ma é inevitabile. La qualità delle persone é spesso piuttosto modesta e forse lei ha peccato di entusiasmo e, cosa che mi ha sorpreso se penso alla sua lettera a Romano, di ottimismo.

Temo che la sua idea di mandare tutto a Romano sia un po' velleitaria.
L'uomo é intelligente, serio, colto ma per i miei gusti eccessivamente cinico.
Cosa pensa che possa farsene di tutte le nostre opinioni?

Mi ha fatto piacere leggere il suo scambio con Gianni Pardo, amico (che non conosco personalmente) con il quale corrispondo da anni.
Non ho ancora potuto leggere tutte le lettere, e spero di farlo presto. Se lei decierà di procedere, auguri. Ma ci rifletta bene.

Cordiali saluti
Franco Ottolenghi







27) Gianni Pardo giannipardo@libero.it (ateo tenace)
Lo ritengo il più prolifico e profondo dei 35, difende la sua posizione con ogni mezzo e servendosi addirittura delle armi dei suoi nemici teologi. Un fiume in piena.


Gentile Martinoli, lei non ha bisogna d’avere compagnia, come dice Sergio Romano. Lei avrebbe bisogno di un po’ di coraggio. Le sue distinzioni sono più brillanti che solide, a mio parere: perché mai gli agnostici non sarebbero angosciati? E perché i filosofi non dovrebbero occasionalmente far parte dei credenti, forse che San Tommaso non era un filosofo?
Solo il dieci per cento semplifichiamo si pone il problema e lo risolve o non lo risolve. Se lo risolve in senso negativo (la vita non ha senso, non esiste la Divina Provvidenza, non esiste l’aldilà e via di seguito), è difficile che sfugga ad un sentimento di angoscia. Ma se la convinzione è solida e fondata, a questo Nulla ci si abitua. Solo, bisogna avere il coraggio di accettarlo. Ecco perché parlavo di coraggio. Lei deve solo accettare che pensa quello che pensa. Magari lei si è posto questo problema recentemente? Io sessant’anni fa.
Gianni Pardo
giannipardo@libero.it


GM. Caro Gianni
La ringrazio dell’interessamento e della risposta.
Sull’angoscia e l’agnosticismo devo darle ragione.
Io stesso mi colloco tra gli agnostici angosciati, che naturalmente distinguo dagli agnostici indifferenti, superficiali e forse goderecci (ma saranno poi veramente agnostici ??….. )
Invece sulla questione fede e filosofia mi trovo in disaccordo con Lei. Come saprà, Parmenide, che per antonomasia si considera Il padre della filosofia, fu il primo a dare alla luce il pensiero libero, liberato e svincolato dai cosiddetti miti e credenze precedenti, domini incontrastati della fede. Da lì in poi, filosofia (pensiero libero) e religione (da “res ligata”) hanno seguito percorsi paralleli.
La mia distinzione in sostanza si fonda sul grado di libertà del pensiero. Con la fede esso risulta artificialmente e volontariamente ingabbiato da una morale (del bene e del male) che poi genera la legge. Con la filosofia e poi con la scienza, il pensiero conquista il massimo (non assoluto) livello di libertà disponibile e il suo limite non è più dentro (volontà) all’uomo ma fuori di esso e dipende solo dalle risorse e possibilità fisiche esterne e psichiche interne.
E’ pur vero che ci sono filosofi e scienziati credenti e non credenti. La cosa mi lascia scettico e sconcertato. Secondo me dovrebbero essere tutti e solo agnostici (non credenti), cioè liberi di spingere ovunque l’indagine, anche verso il male e l’immorale, alla ricerca del vero che tutto comprende. Il pensiero libero secondo me è appunto a-morale cioè senza paletti e senza fede.
Lo stesso Nietzche in fondo si rese conto che non potevano convivere filosofia libera e religione e optò per la prima (la morte di Dio).
Dissento da Lei anche sull’abituarsi al nulla fino ad accettarlo e forse apprezzarlo. Infatti, Lei m’invita a “Accettare che pensa quello che pensa”; ebbene mi sembra francamente tautologico, sterile e senza senso. Che significa? E non c’è coraggio che tenga. Semmai il coraggio ci vuole per superare i fatidici paletti morali, legali e convenzionali che soffocano la ricerca. Io penso che la verità e il senso ultimo dell’essere (che può esistere e non essere il Nulla), siano tanto importanti che per loro si possa (o debba) mettere in gioco tutto e coraggiosamente, compresa la vita e la follia (ancora Nietzche). Un problema insolubile non è inesistente. La verità deve essere completa altrimenti incombe l’illusione. Che il Nulla sia la verità è paradossale.
Sono stato un po’ prolisso e talvolta lacerante e me ne scuso. La prego, restiamo in contatto.
Le allego intanto un'altra riflessione, decisamente critica sulla Genesi e l’ontologia cristiane che spero gradirà.
La saluto e ringrazio ancora caldamente.
Guido Martinoli


Caro Martinoli,
vedo con piacere che lei è della razza “medievale”, gentilissimo col suo avversario e poi mena fendenti intellettuali. Bello. A volte spero di essere così anch’io.
Lei scrive: “Io stesso mi colloco tra gli agnostici angosciati”. Vede, moltissimi sono credenti perché non riescono ad accettare una realtà in cui non è neppure concepibile un intervento del deus (ex machina), in cui devono ammettere che la morte è definitiva, ecc. E si consolano con qualche pia illusione. Lei è angosciato? È segno che non crede. E se non crede non le rimane che ammetterlo, avere il coraggio di pensare ciò che pensa, di accettare che pensa proprio questo. Questo intendevo.
Sull’etimologia di religione (res-ligata) c’è parecchio da discutere. Non si sa se viene, fra altre ipotesi, de relegare o religare. Ma penso, con Lucrezio, che in realtà venga dalla stupidità umana.
Sulla libertà che nasce dalla mancanza di religione, sono perfettamente d’accordo. Dostoevskij ha del resto detto che se dio è morto tutto è permesso.
Gli scienziati e filosofi credenti un po’ la scandalizzano? Anche loro sono dominati dall’affettività (quando non dalla nevrosi). Anche loro hanno paura della morte.
Non credo che Nietzsche abbia “optato” per la filosofia, quasi ci fosse una possibilità di darsi alla religione. Sarebbe come dire che il Papa ha optato per la religione, dopo essersi chiesto se non fosse meglio dichiararsi ateo.
“Dissento da Lei anche sull’abituarsi al nulla fino ad accettarlo e forse apprezzarlo”. Lei voleva dunque che io portassi il lutto della morte di Dio per sessant’anni? Ci si abitua eccome. Magari dopo anni di scoramento – e li ho pagati, mi creda – ma ci si abitua.
“Semmai il coraggio ci vuole per superare i fatidici paletti morali, legali e convenzionali che soffocano la ricerca”. Non li ho mai visti, questi paletti. Neppure quando, adolescente, ero un fervente cattolico. Ché anzi è studiando religione, e preferendo l’evidenza logica alla fede, che sono divenuto ateo. Forse devo a mia madre, che me l’insegnò in età pre-critica, l’abitudine di riconoscere la verità anche quando è scomoda.
“Io penso che la verità e il senso ultimo dell’essere (che può esistere e non essere il Nulla), siano tanto importanti che per loro si possa (o debba) mettere in gioco tutto e coraggiosamente, compresa la vita e la follia, ancora Nietzche”. Questo dimostra quanto lei vorrebbe che la vita abbia un senso. Ma non apporta neanche un granello di prova al fatto che l’abbia. Anzi rischia, a forza di desiderare trovare, di credere d’avere trovato. Non rischi di essere come quelle ragazze che, non accettando la propria bruttezza, si truccano troppo. Se la vita non ha senso – e lei non l’ha trovato – non ha senso e basta.
Nietzsche è sì divenuto folle, ma assolutamente dopo NON esserlo stato. Nessun collegamento tra la follia finale e l’opera precedente. Magari un po’ di megalomania (Ecce Homo), ma, dopo tutto, che ci saremmo potuti aspettare, da un ex-amico di Wagner?
“Un problema insolubile non è inesistente”. Forse non è inesistente, certo è inutile.
“Che il Nulla sia la verità è paradossale”. No, è evidente, se lei non trova ciò che sta al posto del supposto nulla.
Questo mi ricorda una meravigliosa barzelletta. Un teologo dice ad un filosofo: “Il filosofo è uno che, in una notte senza luna, cerca, in una stanza senza finestre e senza luce, un gatto nero, che non c’è”. E il filosofo, sorridendo: “Mentre il teologo il gatto lo trova, vero?”
La prego, non trovi il gatto.
Per quanto riguarda il suo allegato, pure pregevole, temo sia un’impresa vana. Lei ragiona filosoficamente su un testo mitico e primitivo. Sarebbe come cercare di studiare la chimica partendo dal Vangelo.
La religione non ha mai risolto il problema del perché della creazione, cui m’interessavo – appunto – sessant’anni fa. Bonum est diffusivum sui, mi dicevano. Ed io replicavo: a giudicare dall’infelicità che dilaga nel mondo, non mi pare un grande successo.
Ragionare sulla religione è una perdita di tempo. Chi ragiona senza veli non crede e chi crede non si lascia convincere neppure dall’evidenza. Per esempio dal fatto che in tutti e quattro i vangeli si dice che Gesù aveva dei fratelli e in un paio se ne dicono anche i nomi. Che importa? Gesù deve essere figlio unico e dunque lo è. Mi scuso se all’eventuale prossima sua non potrò rispondere con uguale velocità, ho in programma un paio di giornate piene.
Gianni.


GM. Caro Gianni
Le rammento di comunicarmi la sua disponibilità a divulgare eventualmente i suoi testi come ho chiesto con la mia ultima lettera collettiva.
Le confermo che sono angosciato e dunque che non credo, ahimè. Peraltro non capisco quale coraggio dovrei avere per affermare una simile condizione. Vedo che almeno siamo d’accordo su libertà umana e religione. Che il Papa o Nietzche abbiano “optato”, nel senso che si sono schierati da una parte, mi sembra scontato e non mi sconvolge.
I paletti morali di cui parlo sono i principi portanti la civiltà occidentale e le sue leggi. Sono la presunta, indimostrabile e impossibile uguaglianza delle persone (uomo-donna, vecchio-bambino, becero-genio, alto-basso ecc ecc), l’inviolabilità della vita umana (vietatissimo produrre lo scimpanzuomo e simili), il cosiddetto buon costume e la decenza che gli sta dietro (obbligo di vestirsi più o meno completamente e di rispettare gli altri), osservare le leggi civili e religiose (non rubare, non ammazzare ecc ecc) e infine perseguire e costruire il bene a detrimento del male.
Le ricordo, en passant, che nel cosiddetto stato di natura non c’è morale che tenga.
Sarò fissato ma sento che questi “paletti” hanno frenato e bloccano ancora non poco la libera ricerca della verità.
Sull’ateismo ho da dirle che lo ritengo frutto di un atto di fede alla stregua del cristianesimo. Entrambi credono: gli uni che Dio non c’è, gli altri che Dio c’è, ma entrambi si guardano bene dal dimostrare razionalmente la loro posizione. Entrambe dunque non sono verità ma pure credenze. Forse in questo caso anche Lei, che ritiene di "riconoscerla anche se scomoda", confonde la verità (oggettiva, universale, scientifica) con l’illusione.
So benissimo che a tutt’oggi manca un senso alla vita e all'essere. Ma perché non cercarlo?
Si può forse fare di meglio in vita? Se non mi convince il cristiano che crede di averlo trovato, parimenti non mi basta l’ateo che afferma (non dimostra) che non c’è. Non c’è ancora, non c’è mai stato, ma sul futuro nessuno può sindacare a meno che si “opti” per una fede.
In fondo è una banale “questione di tempo” o, se vuole, finché c’è vita (tempo) c’è speranza.
Perfettamente d’accordo su Nietzche, con qualche riserva sull’amicizia con Wagner.
Volevo dire che un problema può essere insolubile ma problema rimane e dunque non può essere inutile; lo sarebbe se fosse risolto.
L’inutilità in sé di un problema si consegue con la sua soluzione.
La verità è il nulla; Dio non esiste; l’essere non ha senso né obiettivo ed evolve liberamente e casualmente. Sarebbe ineccepibile se Lei fosse capace di ……… dimostrarlo ma, come già Le ho fatto notare sopra, si tratta di ardua e forse impossibile impresa. Lei di fondo dimentica un fattore semplice e fatalmente invisibile, è sempre e solo lui, il tempo. Qualsiasi affermazione, anche le mie naturalmente, sono perciò relative, transitorie e falsificabili da questo magico sornione.
Per questo mi guardo bene dall'affermare concetti assoluti (religione, ateismo, nichilismo ecc).
Infine sulla bibbia come mito. Riconosco che la sua critica sul mio trattatello è mirata e competente (suffragata anche da altri). In realtà non era rivolto a tipi come Lei ma piuttosto a coloro che non ritengono la Bibbia un mito ma il fondamento della verità e dell’assoluto. Sono convinto che la mia critica in questa ipotesi ci stia tutta. A risentirla carissimo
Guido Martinoli


Caro Guido,
divulghi pure ciò che le scrivo. La prego solo di aggiungere la mia e-mail tra parentesi dopo il mio nome (giannipardo@libero.it).
Comincio col prendere atto che lei afferma di non credere, al primo paragrafo e passo ai “paletti” che, secondo lei, frenano la ricerca della verità. A mio parere, essi frenano chi si lascia frenare, o perché li reputa giustificati o perché non ha la forza di contestarli. Per esempio, io reputo giustificate le leggi (giuridiche) perché facilitano – o addirittura rendono possibile – la vita associata, mentre poi, per esempio per l’uguaglianza degli esseri umani, mi tengo le mie idee. E penso – come mi pare pensi anche lei – che un cretino non è uguale a un genio. Bisogna rispettarli tutti e due, ma dire che sono uguali no, non posso dirlo. Il buon costume? Quello che ognuno fa nella sua stanza da letto, con un adulto/a consenziente, sono affari suoi. L’inviolabilità della vita umana? Mi pare una baggianata, quando diviene mito e feticcio. Ecco perché sono per l’eutanasia, per lo scimpanzuomo, come lo chiama lei, ecc. Insomma, c’è modo di essere intellettualmente del tutto liberi. Lo è stato Nietzsche nel XIX secolo, lo è stato Freud nel XX, possiamo esserlo noi nel XXI.
“Le ricordo, en passant, che nel cosiddetto stato di natura non c’è morale che tenga”. Qui temo che sbagli. Nello stato di natura esiste la morale, il tabù ecc. Le società primitive sono strutturate eccome. Lo dimostra qualunque studio di etnologia.
“Sull’ateismo ho da dirle che lo ritengo frutto di un atto di fede alla stregua del cristianesimo”. Qui vanno dette due cose: che l’inesistenza di Dio è indimostrabile, come è indimostrabile la sua esistenza. Ma questo non stabilisce una parità. Chi crede in qualcosa deve dimostrarla, chi non crede non ha nessun dovere. Se lei crede nell’unicorno deve dimostrarmi che esiste. Io, per dimostrare che non esiste, non devo far nulla, anche perché le dimostrazioni negative sono impossibili. Onus probandi incumbit ei qui dicit: chi afferma qualcosa ha il dovere di provarla, non chi nega qualcosa. Come posso dimostrare che ieri non ero a New York? Non posso dimostrarlo. Posso dimostrare che ero a Roma, per esempio, e solo indirettamente provo che non ero a New York. Nelle aule di giustizia si chiama alibi.
“Entrambe dunque non sono verità ma pure credenze”. Eh no, caro Guido. Chi non crede nell’unicorno non è un credente nel non-unicorno, diversamente saremmo anche non-credenti in un numero infinito di cose, incluso il fatto che tre per quattro non fa quarantuno. La credenza esiste solo in positivo. In negativo è un nulla, uno zero, un’assenza.
Dunque è anche sbagliato, a mio parere, ciò che lei scrive a proposito del senso della vita: “Se non mi convince il cristiano che crede di averlo trovato, parimenti non mi basta l’ateo che afferma che non c’è”. I due non sono sullo stesso piano. Onus probandi incumbit ei qui dicit. L’altro può stare a braccia conserte ad aspettare. Non ha nulla da dimostrare.
Mi creda, questo non è un cavillo. Per una volta, io ateo, mi faccio forte dei principi dialettici che s’insegnano nei seminari e che erano moneta corrente ai tempi della Scolastica, se non vado errato.
Gianni


GM. Caro Gianni, grazie per la divulgabilità dei testi.
La sento favorevolmente libero e coraggioso riguardo alla violablità dei paletti. Buon per Lei. Io vorrei tanto che anche le leggi avessero altrettanto coraggio? Per ora almeno, ci teniamo da conto la più grande delle libertà, quella del pensiero (“intellettualmente liberi”).
OK pieno e condiviso sulla diseguaglianza, che considero a dir poco lapalissiana ovunque e per tutti. Peccato che la stragrande maggioranza non la pensi così e addirittura esalti e adori quella longa mano dell’uguaglianza (un puro concetto logico-matematico), che ha nome Democrazia. Arrivano addirittura a esportarla e a imporla ovunque, senza che alcuno l’abbia richiesta (Iraq, Afghanistan, Kosovo, ecc).
Qualcosa del genere fece anche un certo Napoleone, seminando sangue e miseria in Europa e non solo. Ahimè, quanto sono duri a finire gli strascichi nefasti della Rivoluzione francese!
Ok anche sulle società primitive; peraltro Io mi riferivo come “stato di natura” al puro stato bestiale, leoni, antilopi, squali ecc, che darei per scontato, sono decisamente istintuali e amorali.
Infine devo riconoscere che mi ha assillato non poco la sua posizione dissidente dalla mia sull’ateismo. Ho discusso a riguardo con i pochi referenti di un certo livello che conosco e sono rimasto nella convinzione che il mio considerare l’ateo come un credente alla stregua del cristiano continua a essere una posizione fondata.
Riconosco che è ineccepibile l’onus probandi in tribunale a carico solo dell’accusa. Ma lì l’unico fine della vicenda è puramente di decidere della colpa o dell’innocenza dell’imputato e di nessun altro, per cui la presunta dualità della soluzione è il sì o il no all’eventuale condanna.
Sulla questione di Dio, che ovviamente è di tutt’altra dimensione e apertamente teoretica e primordiale, non ritengo esportabile tout court il semplice criterio giuridico, peraltro frutto di evoluzione e convenzioni millenarie. L’approccio qui deve restare rigorosamente logico, originario e aconvenzionale. Il punto del contendere non è una pseudo colpa di Dio, ma se c’è o non c’è. Inoltre, caro Gianni, anche la questione dell’affermare o del negare, del positivo da dimostrare e del negativo auto verificato, si può facilmente aggirare. Basta rendere positiva la presunta negazione e cioè potrei ribaltare dicendo che l’ateo afferma (in positivo) l’assenza di Dio. Dunque che la dimostri orbene. Eppure sull’unicorno devo in qualche modo darle ragione, nel senso che, per coerenza, devo sostenere che chi afferma (positivo) la sua inesistenza dovrebbe dimostrarla.
Eppure qualcosa di giusto e di vero ma ancora fumoso (ci sto ancora pensando) mi sembra debba riconoscerlo alla sua posizione, perché la quantità di enti invisibili e mostruosi ma potenzialmente reali sarebbe effettivamente smisurata.
Lo stesso numero di Dei e di Assoluti in cui credono gli umani è impressionante.
In tutta franchezza mi sa che qualche goccia di sangue mi sembra di perderla a stare troppo sul rasoio. Non capita anche a Lei?
A presto carissimo.
Guido Martinoli.


Caro Guido,
“Arrivano addirittura a esportarla e a imporla ovunque, senza che alcuno l’abbia richiesta”. Ed è un errore. Ma è anche un errore quello delle (molte) popolazioni che non capiscono che la democrazia è il meno cattivo dei regimi.
Lei critica la Rivoluzione Francese, che sicuramente ha avuto molti torti. Ma è anche alla base della società contemporanea anche per ciò che ha di buono. Non lo dimentichi.
Se no le dovrei fare il solito discorso del bambino e dell’acqua sporca.
“sono rimasto nella convinzione che il mio considerare l’ateo come un credente alla stregua del cristiano continua ad essere fondata”. Su cosa?
Io personalmente sono molto deluso nel riconoscere che lei è un credente nel non-teoria secondo cui tre per tre fa quarantasette. In effetti fa quarantasette e la mia idea che fa quarantasette vale quanto la sua, banale, per cui fa nove. Dunque siamo ugualmente credenti, lei nella teoria che faccia nove ed io nella teoria che faccia quarantasette.
E corrispondentemente lei è un credente nella teoria che NON faccia quarantasette ed io... E questa gliela perdonerei, se lei non fosse un credente della non-esistenza dell’unicorno, del fantasma di mia nonna, e, soprattutto, di Topolino. Topolino esiste eccome, io l’ho incontrato. Ma non mi chieda di dimostrarlo, se no le chiederò di dimostrarmi l’esistenza di Dio e lei sarà nei guai.
Non si vergogna un po', ad essere un credente nell'inesistenza di Topolino?
No, caro Guido. Non basta voler pensare qualcosa per darla per dimostrata.
“Riconosco che è ineccepibile l’onus probandi in tribunale a carico solo dell’accusa”. A me non l’hanno insegnato in tribunale – dove è semplicemente evidente – me l’hanno insegnato degli amici che studiavano in seminario.
“Sulla questione di Dio, che ovviamente è di tutt’altra dimensione e apertamente teoretica e primordiale, non ritengo esportabile tout court il semplice criterio giuridico, peraltro frutto di evoluzione e convenzioni millenarie”. Come vede, questa sua risposta è in contrasto con i miei ricordi lontani.
“Il punto del contendere non è una pseudo colpa di Dio, ma se c’è o non c’è”. Irresolubile, con gli strumenti della filosofia.
“Basta rendere positiva la presunta negazione e cioè potrei ribaltare dicendo che l’ateo afferma (in positivo) l’assenza di Dio”. Gioco di parole. Se io voglio dimostrare l'assenza di qualcuno in una stanza posso farlo conducendoci il mio contraddittore, mostrandogli la stanza vuota e chiedendogli: "Allora, lo vedi che non è qui?" Ma io non dimostro l'assenza di qualcuno, dimostro la stanza vuota. In positivo. L'esistenza di una stanza vuota.
Su questo non ci piove, né in diritto né in teologia.
L’ateo insomma non afferma niente. È il teista che gli dice “Dio esiste” e solo allora l’ateo risponde “no”.
Se un tizio andasse in piazza e dicesse “il cordinzello non esiste” la gente gli chiederebbe se è pazzo. O anche semplicemente gli domanderebbe: “e che cos’è il cordinzello?” Bene, è lei che parla del concetto di Dio. Per me è una fantasia come il cordinzello. Mi dimostri la differenza lei fra il cordinzello e Dio, diversamente io la proclamerò credente nel non-cordinzello.
Mi creda, ha imboccato un vicolo cieco. Lo so da oltre sessant’anni.
Perché non si limita a credere in Dio, riconoscendo che ci sono i non-credenti? È così semplice, piano, naturale. Ed anche evidente. Un abbraccio,
Gianni Pardo


Mai utilizzare il comando A:, mettendo tutti gli indirizzi in chiaro.
Bisogna utilizzare il tasto Ccn, con conoscenza nascosta. Se no uno si fa beccare da tutti coloro che poi sono infastiditi da qualcuno che ha approfittato della lista di indirizzi - non avendo di solito molti ascoltatori - per parlare a molti. Che magari non avevano alcuna voglia di sentirlo. È un errore che si commette nei primi tempi che ci si accosta ad internet.
Gianni







28) Anonimo (credente solidale)
Un po’ di coraggio e di comprensione fanno sempre bene


Egregio Guido Martinoli,
non escluda a priori che il mondo abbia un senso. E, mi creda, non è l'unico a trovarsi nella condizione in cui si trova.
Un saluto cordiale




GM. Caro amico
La ringrazio per la “mezza disponibilità” e per la solidarietà che anche Lei, come quasi tutti gli altri, mi manifesta.
Mi permetto di puntualizzare che anch’Io non escludo un senso al mondo. Ciò che mi addolora e dispera è l’indifferenza dilagante a riguardo, come se la ricerca del senso fosse uno sfizio per ricchi intellettuali sfaccendati e non Il Problema di tutti gli uomini, intesi come animali pensanti. Non ho la presunzione del record dell’angoscia ma dalla mia esperienza, mi creda, non ce ne sono tanti di angosciati …..
La saluto e ringrazio dell’interessamento
Guido Martinoli










29) Daniele Piazza daniele_piazza_avv@yahoo.it (religioso alla meta)
Vagare nella vita per cercare da ogni dove la direzione giusta, lo sappiano i metodici e i qualunquisti.

Gentile Sig. Martinoli,
mi permetto di scriverle, perché durante la pausa pranzo ho letto la sua lettera al Corriere della Sera, e mi sono in qualche modo riconosciuto nel suo scritto.
Non so se potrà esserle di conforto, ma passati i trent'anni, anche a me è capitato di interrogarmi sul senso della vita, di trovarmi senza risposte, e di sentirmi al tempo stesso piuttosto isolato: a dire il vero, ho avuto talvolta l'impressione di veder liquidate le mie domande come malinconie da adolescente - se non come sintomi di disagio - perché a quanto pare la persona adulta dovrebbe disinteressarsi di "certe cose" o liquidarle esprimendo convinzioni tanto granitiche quanto poco meditate.
A distanza di qualche anno (adesso ne ho quasi quaranta), ho seguito un percorso difficile e tortuoso, ho più volte cambiato radicalmente posizione, sono stato simpatizzante delle filosofie orientali, poi ateo, agnostico e infine sono tornato alla fede cattolica: nel frattempo, ho scoperto che non è non siamo poi così in pochi a cercare un senso all'esistenza: anzi, credo che le persone che vogliono riflettere siano più numerose di quanto pensiamo, e che manchino soltanto le occasioni per confrontarsi e discutere.
Per questo motivo mi è venuto voglia di scriverle: non si senta solo, vi sono molte persone ad avere i suoi dubbi e le sue inquietudini!
Mi permetto solo di farle un appunto: ma perché deve angosciarsi e disperarsi? L'angoscia e la disperazione sono pessimi consiglieri, e non sono di nessun aiuto nella ricerca della verità, anzi semmai sono di ostacolo.
Penso che porsi delle domande non sia un difetto, ma un privilegio, forse vuol dire che abbiamo intuito che la nostra esistenza è più misteriosa ed interessante di quanto appaia superficialmente, e che è bello provare ad indagare, anche se non riusciamo a darci risposte soddisfacenti.
Le porgo i miei auguri per la sua ricercai, e le invio un caro saluto.
Daniele Piazza

daniele piazza [daniele_piazza_avv@yahoo.it]




Caro Martinoli,
ho ricevuto con grande piacere la bella lettera collettiva e ti ringrazio dell'abbraccio, che contraccambio calorosamente.
Molto brevemente:
a) acconsento a pubblicare la mia piccola risposta;
b) acconsento alla pubblicazione del mio indirizzo mail (non amo l'anonimato);
c) ti ho scritto da Chiavari, sono un avvocato genovese che ha la fortuna di lavorare in Riviera.
Grazie davvero, di cuore, per la bella occasione d’incontro e di discussione.
Un caro saluto.
Daniele Piazza



GM. Caro Daniele grazie della disponibilità.
Io di anni ne ho 53 e ancora non riesco ad accontentarmi di niente che sia effimero e gratuito, perché semplicemente ciò che finisce e non produce nient’altro nel tempo o fuori dal tempo non ha senso. Avere senso non è uno sfizio per intellettuali ma è una necessità per capire in profondità. Molti credono di dominare tutto perché sono liberi, giovani, belli e ricchi. Poi si accorgono che c’è il tempo, che li trasforma loro malgrado in vecchi, brutti e forse poveri.
Un altro passo e si rendono conto che tutto finisce e allora fatalmente la domanda sul senso esplode potente e irrefrenabile.
Io sono un adulto sufficientemente ricco e bello ma da anni me la pongo lo stesso, non mi serve avere i capelli bianchi o il cancro. Per questo getto ponti in ogni direzione per andare oltre. Senza successo. Fuggo dalle illusioni, non ho la fede. Mi dicono che la fede arriva gratis a taluni ed è impossibile per talaltri. Non mi consola. Peraltro mi chiedo se la fede potrebbe bastarmi. Forse cambiare direzione come fa Lei è utile per sperimentare e crescere, finché arriva la volta buona. Mah. Sui pensatori numerosi mi tengo le mie riserve. Forse è solo questione di fortuna: c’è chi li trova e ci discute e c’è chi no. In ogni caso, 35 individui adesso sanno che se si vuole si può. Auguri a tutti.
A presto Daniele e buona fortuna.
Guido Martinoli


Caro Martinoli,
ho ricevuto e Ti ringrazio.
Dammi solo un po’ di tempo per leggere tutte le risposte degli altri corrispondenti, che ritengo per la maggior parte molto più interessanti della mia.
Manderò volentieri, insieme alla risposta, una foto con la mia brutta faccia e il mio indirizzo: se passerai dalla Riviera, sarò lieto di discutere dell'esistenza di Dio di fronte a un bel piatto di acciughe fritte con un po’ di vermentino.
Un caro saluto ed in bocca in lupo per l'iniziativa.
Daniele Piazza












30) Delleanna Roissard (destata e illuminata)
Talvolta basta poco per alleviare e arricchire una persona


Ho letto il suo intervento sul corriere e ne sono rimasta molto colpita. Volevo esprimerle, per quanto possa contare per lei!, tutta la mia ammirazione. Lei dice cose che io condivido in pieno... ma che non sapevo assolutamente di pensare! Grazie Delleana Roissard


GM. Cara Delleanna sono contento di esserLe stato utile. E’ quello che spero, ma in tutta franchezza mi sorge il dubbio di averla in qualche modo destata e disturbata. Attenta perché sulle mie orme troverà sì profondità di pensiero e gioia di capire ma anche angoscia e incomprensione degli altri. C’avrà azzeccato se apprezzerà che deve piacere prima a se stessa e dopo semmai agli altri.
Mi fa sapere della sua disponibilità a divulgare i testi? Grazie e resto in attesa.
Buona fortuna Delleanna
Guido Martinoli









31) Sergio (analitico e biologo “essenziale”)
Molto critico al limite del cinismo, arriva a giudicare la ricerca del senso come la somma disgrazia dell’uomo

Gentile Sig.Martinoli,
Ho letto la Sua lettera a Severgnini e, se Le interessa, Le potrei dare la mia spiegazione (senza pretese! ). Premetto di non essere un filosofo, ma uno dei tanti "men of the street".
Cordiali saluti.
Sergio G


GM. Egregio Sergio G
La ringrazio per l'interessamento e la partecipazione. Mi sento già meno solo. Peraltro nel ringraziare Romano (e non Severgnini) ritengo altamente improbabile traslocare negli altri settori. In fondo la quantità non m’interessa, preferisco la qualità e l'intelligenza, che sono fatalmente per pochi.
Se crede, possiamo restare in contatto e scambiarci altre riflessioni e contenuti di carattere esistenziale o apertamente metafisico. Mi mandi senz'altro quello che mi propone, lo leggerò con interesse. Per me è tremendamente raro incontrare persone di un certo spessore e coraggio mentale. Nel concreto se può servire Le dirò che, coerentemente coi miei presupposti, non sono un democratico, non voto e considero la Repubblica di Platone il miglior sistema di governo, quello dove al potere c'è il pensiero e dunque i filosofi. Dirà che sogno e utopia mi affascinano, eh!
Peraltro mi tocca dirLe che in realtà Io sono un Ingegnere e non un filosofo, ahimè.
Colgo l'occasione per mandarle una mia divagazione ontologica sulla genesi biblica (vedi appendice NDA). A presto carissimo. Ci conto
Guido Martinoli





Caro Signor Guido,
A mio parere il senso della vita non esiste, perché già l'idea di "senso" è una categoria umana. Una pianta cresce e muore, un gatto vive, si nutre, si riproduce ecc perché così ha disposto Madre Natura, ma non c'è nessun senso in questo. L'uomo ha creato il concetto di senso da dare alle cose da quando - per sua fortuna o per sua disgrazia, non saprei - gli si è sviluppata abnormemente quella "ghiandola" chiamata cervello ed "ha acquisito la conoscenza del bene e del male", ovvero è passato dallo stato animale a quello umano vero e proprio, cioè di essere pensante. E' stato lui stesso, durante il lungo processo di evoluzione, ad elaborare i concetti di bene e male, di giustizia ecc con l'obiettivo (non sempre riuscito ) di rendere la società più "umana".
Come vivere allora? Cercando di trarre il massimo benessere possibile dalla nostra breve esistenza. Non fare del male a nessuno e se possibile fare del bene, cercare di godere di quei piaceri materiali e immateriali che la vita talvolta ci mette a disposizione e......non filosofeggiare troppo.
Godere di uno spettacolo naturale, o di un concerto, o di un rapporto umano senza chiedersi che senso abbia.
E' questo il "senso" da dare all'esistenza.
Non sono in grado di leggere la Sua "divagazione ontologica" perché i caratteri sono microscopici e non so come ingrandirli. Non ho molta familiarità con il computer, come vede.
Cari saluti. Sergio




GM. Caro sergio
Io non so quando, come o perché l’uomo sia uscito dallo stato animale, per entrare in quello umano e culturale, inventando o scoprendo i concetti di bene, di male, di eterno e d’infinito. Prendo atto che per Lei tutto ciò avvenne casualmente e disgraziatamente. Non so neppure perché da questi presunti valori artefatti, già loro forieri d’ignoranza e d’impotenza per l’uomo, prorompa alfine il concetto onni-travolgente e comprensivo di senso, verità e assoluto. Fatto sta che a questa domanda, di senso e di assoluto ci siamo arrivati. Ebbene a questo punto io dico, nostro malgrado, non possiamo più eluderla. E’ lì davanti a noi e chiede una risposta. Fare finta di niente, vivere come se non ci fosse è illusorio, oltre che infantile e disumano. Non siamo più bufali, ahinoi, e non possiamo più vivere come tali. Non fare del male ad alcuno, fare del bene, cogliere la bellezza di un tramonto o di un sorriso di un bimbo, possono essere momenti di piacere ma non hanno nulla a che vedere con l’assoluto, giacché finiscono, muoiono.
Il senso o l’assoluto sono necessariamente oltre la fisica, sono temo nella metafisica.
Ma non li ho fatti Io così.
Infine, caro Sergio, che il senso stia nel non avere senso, è semplicemente paradossale e assurdo.
A risentirci presto Guido Martinoli



Caro Guido,
Accetto con molto piacere la "contestazione" :non c'è niente di più noioso di una conversazione nella quale i due interlocutori si dichiarano d'accordo, magari per amor di pace o per altri motivi, e tutto finisce lì.
Per mia natura e formazione (ho una laurea scientifica, ma non tecnica. Ma non ha alcuna importanza, almeno per adesso ), tendo a restare sempre con i piedi per terra, lasciando le speculazioni filosofiche......ai filosofi. Molte cose, molti fenomeni che in passato avevano un alone di mistero (il fulmine, il cielo stellato e tanti altri) sono stati successivamente ridimensionati man mano che la conoscenza progrediva. Il fulmine non è un’estrinsecazione della rabbia di Zeus e la luna non è un corpo astrale misterioso; lo tsunami e i terremoti non sono una punizione celeste, bensì sono causati da......E così via.
Anch'io da ragazzo avevo quest’ anelito di assoluto che traspare dalle Sue parole. Poi la vita mi ha fatto "aprire gli occhi" e guardare alla realtà che ci circonda con maggiore concretezza.
Più umilmente preferisco rinunciare a lambiccarmi il cervello con interrogativi che comunque non hanno risposta. A meno di non entrare nel campo della metafisica e/o della fede; ma io preferisco uno scetticismo prudente e costruttivo. Lei riprende le mie parole dicendo : "Non fare del male ad alcuno......non hanno nulla a che vedere con l'assoluto, giacché finiscono, muoiono". Mi spiace, ma tutto ciò che è umano finisce, muore, anche il Suo anelito di assoluto scomparirà con Lei. Ammetto che quando si alza la testa e si osservano i corpi celesti, ci si rende conto della propria pochezza e si vorrebbe sapere di più, perché tutto questo sia cominciato e quando e come finirà. Probabilmente milioni di persone prima di noi hanno avuto gli stessi pensieri. Ma oggi cosa ne è rimasto?
Non ho detto che "il senso stia nel non avere senso". Quello che intendevo è che voler dare assolutamente un senso alle cose è una illusione umana. Le cose sono o non sono, accadono o non accadono e in questo non c'è nessun senso: il senso ce lo troviamo noi. La Natura non fa sorgere il sole per farci avere la luce, ma perché le varie leggi fisiche determinano la rotazione della terra. Noi siamo degli "accidenti", anzi probabilmente siamo degli errori della creazione. Forse l'evoluzione del cervello umano, con tutte le conseguenze che ha comportato e continua a comportare, è stata un caso. Quando la specie umana sarà scomparsa (evento inevitabile), nessuno si porrà più interrogativi sul senso dell'esistenza. E noi scompariremo: com’è avvenuto per i dinosauri e per tante altre specie viventi.
A presto.
Sergio



Caro Guido,
Sono quel Sergio che ti aveva scritto circa un mese fa (evoluzionista, ricordi? ) . Pensavo che le mie risposte alquanto "dissacratorie" ti avessero deluso. Attualmente mi trovo all'estero e tornerò a casa verso la fine di ottobre. Non mancherò di rifarmi vivo e di rispondere a questo tuo ultimo messaggio.
Cari saluti.
Sergio








32) Stefano Vianello (analitico romantico e …. ingegnere, come me)
Appassionato e trasversale con un entusiasmo e una passione per la discussione come o più dell’amico Gianni Pardo; mi piacerebbe metterli insieme …..


Gentile signor Guido
ho letto con interesse la sua lettera al Corriere. Sarei curioso di sapere dove ha trovato le statistiche riportate. Penso possa interessarla e, spero non annoiarla, il mio breve scritto che di seguito incollo. Le invio intanto cordiali saluti e auguri di non angosciarsi.
Stefano Vianello

FORME DELLA LIBERTA’

libertà della democrazia e dei diritti umani
libertà di pensiero, di associazione, religiosa, sessuale...
libertà di intraprendere e commerciare
libertà di viaggiare
libertà dalla povertà e dalla fame
libertà dalla violenza e dalle malattie ecc..

le precedenti sono realizzate parzialmente in alcune parti del mondo,sono necessariamente limitate in ogni caso dai diritti altrui, per cui generalmente si ammette che non si dovrebbe essere liberi di danneggiare altre persone.
I limiti alle libertà vengono normalmente imposti dalla coscienza, dalla religione, dalle consuetudini, dai tabù, dalle leggi dello stato, dalle culture.
C’è quindi una enorme varietà di differenze e sfumature nei modi che un essere umano ha, nelle varie parti del mondo, per fruire della libertà e tali modalità variano inoltre, più o meno velocemente, col passare del tempo e nelle varie epoche.

libertà come libero arbitrio
libertà di poter in generale compiere delle scelte e quindi di fare il bene o il male, ma anche l’ipotesi di non essere determinati in ogni azione della nostra vita.
Grande problema filosofico della morale e religioso. Se Dio è in ogni luogo e tutto avviene per sua volontà e Dio è fuori dal tempo e conosce anche il futuro, come può l’uomo essere libero, se tutto è scritto nel grande libro del destino?
Da un punto di vista, anche scientifico, la libertà può essere contrapposta al determinismo.
E’ la dottrina per la quale tutti i fenomeni naturali sono soggetti al principio di causa, in forza del quale ogni fenomeno è determinato da unaltro fenomeno che lo precede. Esso presuppone due condizioni:
1) che l’ordine della natura sia costante nel tempo
2) l’ordine della natura sia universale.
I fatti naturali, oggetto delle scienze fisiche, ma anche le azioni umane, oggetto delle scienze morali e storiche, obbediscono al principio di causa e formano una serie ben concatenata ed ininterrotta, nella quale ogni azione ha la causa in una o più azioni precedenti senza eccezioni.
Perciò la libertà del volere è negata.
Non v’è atomo nè nel sistema nervoso nè nell’universo la cui posizione non sia determinata dalla somma delle azioni meccaniche che sopra di esso esercitano gli altri atomi; quindi chi conoscesse la posizione degli atomi del corpo umano e, a un tempo degli atomi dell’universo capaci di agire su quello, determinerebbe con precisione le azioni presenti e future di una persona.

Nella scienza si affronta anche il problema del caso.
Le conoscenze scientifiche ed i risultati sperimentali sono conoscenze probabilistiche.
Non è possibile effettuare una misura senza commettere errori dovuti al caso.
Nella copiatura del genoma nelle cellule possono avvenire errori casuali, alcuni dei quali possono portare anche a modificazioni importanti del patrimonio genetico.
In fisica è accettato il principio di indeterminazione di Heisemberg che risale al 1927.
Non tutte le grandezze osservabili, relative ad un sistema, possono essere misurate simultaneamente con precisione arbitraria. Ciò influenza la meccanica degli atomi dove i fenomeni sono descritti con criteri basati sul concetto di probabilità.
La scienza non fornisce conoscenze definitive ed è sempre aperta al dubbio ed alla possibilità che future scoperte modifichino, anche profondamente, gli attuali modelli (matematici) di interpretazione della realtà.
Interpretazione insisto e non certezza.
La stessa matematica si fonda su assiomi. La logica non è assoluta ma umana, manifestatasi via via nelle varie fasi evolutive del nostro cervello. Negli anni 1930-31 Kurt Godel dimostrò il teorema di incompletezza, secondo cui all’interno di un sistema formale esistono proposizioni che il sistema non riesce a decidere, non si riesce cioè a dare una dimostrazione nè di esse nè della loro negazione, non si può decidere il vero o il falso.
Sempre nel ‘900 è stata inventata la Fuzzy Logic (logica sfumata) che, a differenza di quella aristotelica, è in grado di trattare contesti ambigui e imprecisi, non esattamente definiti. Le logiche aristotelica o booleana sono fondate su due valori 0 o 1, vero o falso, tertium non datur. La Fuzzy Logic ammette che una variabile possa essere parzialmente vera o parzialmente falsa. Si nota che in tempi recenti tale logica ha trovato applicazioni negli studi di intelligenza artificiale ed ha portato a concrete realizzazioni commerciali: robotica e controlli nei forni per cemento.
La fiducia positivistica che scienza e tecnica possano risolvere i problemi del mondo è da tempo tramontata.
Forse la stessa vita sulla terra è solo frutto del caso, come la formazione del nostro stesso pianeta nel vortice di materia dell’universo.
Quindi il caso o la necessità? O qualche strada intermedia?
E il caso esiste veramente o esiste solo la nostra impossibilità di conoscere tutte le cause?
Nessuno può fornire risposte certe e credo che la certezza assoluta non sia una facoltà del genere umano ma possa essere solo un’illusione. Ma qui torniamo alla parola libertà: ognuno deve essere libero di credere come vuole e, se ritiene, di cambiare idea, nel mistero indecifrabile se questo nostro credere e cambiare idea sia dovuto al caso o alla necessità di ferree leggi che regolano le trasmissioni neuronali nel nostro cervello.

Quindi mi si concedano due citazioni tratte dal libro di J. Monod, premio
Nobel per la medicina nel 1965, dal titolo “Il caso e la necessità”.
“In questo sottile momento, in cui l’uomo ritorna verso la propria vita, nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella graduale e lenta discesa, contempla la serie di azioni senza legame, che sono divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della memoria e presto suggellato dalla morte. Così persuaso dell’origine umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli è
sempre in cammino. Il macigno rotola ancora.
Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni: anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare nè sterile nè futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.”
ALBERT CAMUS Il mito di Sisifo
Ovviamente Sisifo rappresenta l’instancabile cammino dell’uomo alla ricerca del sapere.

Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità”
DEMOCRITO

libertà della coscienza
Direi innanzitutto che la stessa coscienza è un mistero. Uomo (donna) presente a se stesso, si rende conto di soffrire o gioire, di provare emozioni e pensare mentre si attivano i vari circuiti neuronali emotivi e logici nel cervello.
- libertà dalla paura, dall’ansia, dall’angoscia, dall’aggressività, dalla violenza che è dentro di noi.
- libertà dall’ignoranza, dalle false ideologia, false religioni e miti
- libertà dalle passioni che divorano, non da quelle che arricchiscono la nostra vita
- libertà di riuscire a conoscere noi stessi, di riuscire a leggere senza mentire dentro di noi, di cercare di interpretare i segnali che ci manda il cuore senza fuggire
- libertà di saper ammettere i propri errori
Il precedente elenco presuppone che in qualche modo si siano compiute delle scelte morali, per cui ad esempio l’aggressività è considerata in negativo qualcosa da cui doversi liberare. Si potrebbe non essere d’accordo.

- libertà associata a verità

A mio parere la verità è la soluzione del mistero di Dio e della vita, quindi la libertà associata alla verità non è raggiungibile. Neppure libertà da false ideologie e religioni in assoluto, poichè occorrerebbe conoscere con sicurezza quali sono quelle vere e quelle false. E neppure la libertà di leggere senza mentire dentro la nostra coscienza è possibile, se non come un fine a cui tendere, obbiettivo a cui molti si avvicinano ma da cui i più
sono molto lontani.

L’agnosticismo e il relativismo, che sono la chiave di lettura di questo mio scritto, mi conducono alle seguenti ultime considerazioni.
Per chi non sente di potersi affidare ad un Dio o ad una ideologia, la perdita di ogni certezza e dei valori possono portare al male di vivere, all’angoscia, alla perdita del senso della vita, al nichilismo. E’ la fine della morale, al di la del bene e del male, la morte di Dio.
“Nichilismo: manca il fine; manca la risposta al perchè. Che cosa significa nichilismo?- che i valori supremi perdono ogni valore.” F.Nietzsche.
Una tale libertà, se esiste, ci può portare sull’orlo di un abisso della coscienza.
Non è detto però che necessariamente la perdita di certezze e di valori porti all’angoscia: secondo un istinto che è in noi e che proviene sia da fattori genetici che da imprinting dell’infanzia, dalla cultura e dalle fortune della vita, si può affrontare la vita con gioia, accettandola con le sue incertezze e i suoi dolori, ma anche con la sua affascinante
bellezza. La risposta, che ognuno sente dentro di sè, non è la verità ma l’acquisizione della difficile arte del vivere. L’arte di riconoscere le proprie capacità, di conoscere se stessi e nell’esplicarle e vederle fiorire.
La vita quindi può essere uno stupido scherzo o anche uno scherzo atroce per chi è nato in altre parti del mondo o in altre epoche storiche, o per chi prova la sofferenza di gravi malattie. L’elenco delle circostanze che possono rendere atroce la vita è purtroppo lungo. Nessuno è libero dal dolore. Ma con un po’ di fortuna la vita può essere un dono meraviglioso, può essere un gioco senza senso eppur sempre affascinante. Può non esserci un senso oppure noi possiamo inventarlo come una bella favola che ci esalta quando il principe bacia Cenerentola, anche se sappiamo che è solo un sogno.
E’ quindi per gioco che ho scritto queste pagine. Sicuramente ho scritto cose già scritte e parole già dette, meglio di quanto non abbia saputo fare.
Ho scritto perché questa è parte della mia favola, come la bellezza di un tramonto o un fiore, così la bellezza di parlare a qualcuno, sperando che si degni di ascoltarti, che non si annoi e che magari voglia provare lo stesso piacere, voglia giocare allo stesso gioco. L’illusione è di non essere solo.
Buona fortuna, buona vita, buon gioco
Stefano
estate 2008




Ho ricevuto la gentile risposta. Sono anch'io ingegnere anche se ho fatto poche cose come professionista nell'edilizia, poiché mi sono dedicato quasi esclusivamente all'insegnamento . Ho quasi sessant'anni e da due anni sono in pensione, per parte della mia attività. Ovviamente autorizzo a fare qualsiasi uso del mio scritto e della mail. Spero che ci sentiremo ancora.
Intanto cordiali saluti Stefano.

Non ricordo se avevo inviato i miei dati:
Stefano Vianello


GM: Caro collega Stefano, grazie per la disponibilità dei tuoi testi.
Mi sembri un fiume in piena. Inarrestabile e travolgente. Mi è difficile seguire il filo logico del tuo discorso, che forse non ha e non vuole avere. Mi viene il dubbio che il tutto sia, in effetti, composto di alcuni testi separati, scritti in momenti diversi e riuniti poi assieme. Va comunque tutto bene. Devo dirti subito che non ho capito da che parte stai, e forse anche questo è positivo. Poi invece alla fine ti manifesti.
Ti concentri su due valori: prima la libertà, poi la verità e infine ancora la libertà, passando dalla necessità (causalità) e dal caso. Tutte grandezze “pesanti” che ritengo affascinano tipicamente noi ingegneri. Quanto meno Io le pongo prioritarie, davanti a ogni altra.
Ti dirò subito che le mie percentuali, che tanto ti preoccupano, sono del tutto personali, spettacolari forse (90, 9, 0,9 …..) ed emotive. Peraltro il buon Romano, dall’alto della sua esperienza e saggezza, le à avallate e perciò arrivo ormai a “crederle” anch’Io.
L’approccio che tenti al libero arbitrio mi sembra s’interrompi e sfoci subito nel suo opposto, il determinismo, del quale dai una descrizione profonda ed esaustiva e forse un po’ didascalica, sulle orme del grande Laplace, che lo teorizzò alcuni secoli fa come certo ricorderai.
Vado subito al dunque e ti dirò che per adesso Io ritengo sia inconciliabile il libero arbitrio con l’essere creatura, cioè un’entità che per definizione deriva da altro da sé ed è, ed è così, suo malgrado. Infatti, se postuliamo la creazione e cioè che un ente superiore increato possa decidere liberamente di fare il mondo e con esso le creature e l’uomo, siamo costretti a negare ogni altra libertà nel creato, che resterà fatalmente determinato e causale. A riguardo ti allego un mio trattatello teologico che tenta un’interpretazione decisamente contro corrente della Bibbia. L’evoluzionismo, di cui tanto si discute, può tranquillamente sussistervi senza troppi sconquassi, è sufficiente porre il primo innesco o il primo colpo nelle mani di quel Dio creatore.
La posizione cattolica, che certo conoscerai, ipotizza al contrario una sorta di libertà nell’uomo, che gli deriva dalla coscienza e dall’intelligenza ma che necessariamente risulta di secondo livello rispetto a quella del creatore e, infatti, la chiamano relativa o terrena. Mah, sono perplesso. Che ci possa essere una gradazione di libertà mi pare arduo se non paradossale.
O sei libero pianamente o non lo sei punto. Lo stesso Nietzche su questa posizione teorizza, mi sembra, la morte di Dio o meglio la sua incompatibilità con la presunta libertà dell’uomo.
Affronti poi il caso, ma anche qui prima di averlo sviscerato lo travolgi quasi subito con mazzate tipo l’incertezza, la probabilità, Godel, il relativismo, e in sostanza il pensiero debole.
A riguardo, da tempo anch’io mi arrovello. Ti dirò che la presa di coscienza dell’impotenza del nostro pensiero non ritengo basti ad escludere che possa comunque esserci l’assoluto e la verità, in qualche modo esterni a noi e per noi irraggiungibili (la fiducia positivistica che scienza e tecnica possano risolvere i problemi del mondo è da tempo tramontata). Osservo che è strano e sintomatico che in tutto il tuo testo non ci sia la parola “chiave” che ti guardi bene dall’utilizzare, sto parlando della “speranza”. Eppure qualcosa di simile traspare forse inconsciamente con la “e il caso esiste veramente o esiste solo la nostra impossibilità di conoscere tutte le cause?”.
Voglio dire caro Stefano, che ci perdiamo a sperarci di trovare la verità e così capire tutto??
Di Democrito mi tocca dire che lo colgo in contraddizione: nell’universo domina il caso “o” e non “e” la necessità. I due sono dialetticamente in opposizione. In tutta franchezza, è con molta
fatica che sono costretto a riconoscere una chance al caso come assoluto, cosa che invece Monod accetta mi pare senza fare una piega.
Sulla questione libertà, verità e Dio Io ci aggiungerei quale sintesi di questi valori un estremo termine, l’assoluto che tutti li comprende. Anche di questo tratto nel suddetto trattatello.
Infine l’agnosticismo. Ho colto uno strano connubio nel tuo testo tra agnosticismo e nichilismo.
Mi sembrano del tutto separati. Nichilismo al più lo posso associare ad ateismo, cioè alla mancanza di un Dio e di un assoluto che dia senso all’essere. Peraltro anche questa ipotesi una parvenza di assoluto può comunque vantarla: il nulla come assoluto. L’agnosticismo al contrario
è l’astensione, la non risposta, che non esclude la ricerca anzi, non avendo “capitolato” alla fede (gratuita e vincolante), esso gode della massima libertà disponibile per l’uomo, quella di attendere a schierarsi, quella che potenzialmente gli consente ancora tutte le scelte.
In chiusura del tuo scritto trovo finalmente la conferma di una sensazione che aleggiava da un po’. La tua risposta seppure insufficiente ma carica di speranza all’incertezza che ci ammanta si chiama Romanticismo. In pratica Ti poni come molti altri di questi sparuti 35 che, pur percependo profondamente l’assenza del senso ultimo, reagiscono “rifugiandosi” nei piaceri estetici o goderecci seppure effimeri della vita.
Mi scuso ancora per il ritardo alla risposta e attendo tuoi commenti anche al trattatello allegato.
A presto caro collega



Caro Guido
ho ricevuto la tua lettera ed allegato. Per una risposta ho bisogno di qualche giorno per riflettere, vista la cura attenta con cui hai esaminato il mio scritto sulla libertà. Intanto t’invio la "poesia" che consegno ai miei studenti alla fine delle lezioni. Si capisce forse un po' come vedo la vita. Cordiali saluti Stefano Vianello

AI MIEI STUDENTI DI ARCHITETTURA

Ormai da anni ci incontriamo
cambiano i volti
le speranze, le ansie.
Non potrò ricordarmi di tutti
di tutte le ore passate insieme
a ragionare.

Eppure vorrei che almeno a voi
restasse qualcosa di me
non solo un ricordo arido
di calcoli vincoli e strutture
ma anche di un cuore
di una briciola di vita
vissuta insieme
che non ritornerà.

Non ho nulla da regalarvi
solo le mie parole
i miei auguri.

Vi auguro di restare giovani
dentro
non perdete mai il bambino
che è in tutti noi
non perdete il gusto dell’ironia
di una risata
che spesso è più vera
di una vuota serietà.

Vi auguro di andare lontano
non solo col corpo
ma con la mente
con la conoscenza, la cultura
con la curiosità di sapere
di viaggiare nel tempo
e in spazi lontani
dove solo il pensiero ci può portare
esplorando un mondo
così tremendo atroce tragico
così affascinante e misterioso.

Vi auguro di essere diversi
non abbiate paura di essere diversi
ma siatelo nel vostro animo
non esteriormente
per vuoto anticonformismo
per moda
siate diversi
se diverso è il vostro cuore
se diversa è la vostra coscienza.

Vi auguro la libertà
libertà dai pregiudizi
dai falsi ideali
finte certezze
libertà che molti
sentono di aver trovato
in un Dio
in una ideologia
a volte bruciando il cervello
libertà di cambiare idea
di ammettere di aver sbagliato

libertà della coscienza
che può fare paura
aprire vuoti vertiginosi
con cui è difficile convivere
senza speranza

libertà che forse non esiste
è solo un miraggio
un sogno come la verità
che forse mai potremo raggiungere
ma libertà che mai avremo fuggendo

non abbiamo paura di cercare
dentro di noi
anche se spesso è necessario
ingannare il cervello
con i sogni il gioco il lavoro
per non pensare troppo.

Vi auguro la serenità
l’armonia
qualcosa che dia un senso alla vita
anche fittizio
legato alle opere compiute
a piccole cose e affetti
di tutti i giorni
per noi tanto importanti
in cui ci ritroviamo
da cui abbiamo sicurezza.

Vi auguro le emozioni

la felicità
la gioia
intensa imprevedibile
fuggente
che all’improvviso ci prende
e ci fa vibrare
senza una regola
senza una legge
forse senza un motivo
solo per uno sguardo un sorriso
porgere una mano
aiutare qualcuno
un fiore una musica
vento che canta tra le foglie
silenzio della montagna
un bacio

felicità
che non possiamo afferrare
trattenere
e presto ci abbandona

Vi auguro la vita
questo dono meraviglioso
forse solo frutto del caso
come la cattiveria la violenza la follia

come la bellezza e l’amore

sappiatela stringere
che mai un giorno
possiate pensare
di non averla vissuta

dolcemente vi bacio




Caro Guido
premetto subito che non ho una vasta cultura, anzi mi considero piuttosto ignorante. Le necessità del lavoro, in alcuni anni della vita passata anche 60 ore la settimana, mi hanno impedito di costruirmi un sapere organico.
Alla fine lo dichiaro, i miei sono appunto pensieri in libertà, per me è un gioco, non voglio essere preso troppo sul serio.
Ritengo però che molta parte della vita di tutti sia un gioco e che molti purtroppo non se ne rendano conto. Anche molte cose apparentemente serie lo sono e servono per vincere la noia, riempire i vuoti, cercare di dare un senso alla vita.
Non hai capito da che parte sto? Io non saprei neppure quali siano le parti.
Salvo qualche citazione quello che ho scritto è comunque opera mia e scritto in un lasso di tempo piuttosto breve.
Mi considero agnostico, non credo che per quanto stiamo a pensare si arrivi ad una risposta. Ma considero di per sé affascinante anche il solo porsi i problemi e cercare: anche se non arriveremo alla verità è possibile comunque comprendere tante cose.
Secondo me un dio che crea tutto ed è infinitamente presente nel tempo e nello spazio, nega la libertà. Ma la libertà è negata anche da un determinismo senza dio. In entrambi i casi la prospettiva è orribile perché fin dal primo istante dell’universo tutto sarebbe già stato deciso. Il caso non esiste, ma solo l’impossibilità di conoscere tutte le cause.
Personalmente posso anche pensare che sia così, ma non lo posso sapere. E quindi mi piace sognare di avere qualche libertà.
Potrebbe esserci un dio con poteri parziali e non onnipotente, potrebbe esserci come dici una graduazione della libertà. Non è dato ancora all’umanità del nostro secolo di arrivare in cima. Credo che dobbiamo accontentarci di cogliere il fascino del mistero.
Il mio è sicuramente un pensiero debole, anzi molto debole.
Non ritengo che la ricerca del sapere se esiste una realtà ultima abbia molta importanza, contano di più le piccole verità relative e parziali che possiamo ottenere con il nostro ragionare e dalla scienza.
Per me la speranza è solo di non dover soffrire troppo negli anni futuri.
Quanto a Democrito hai ragione: il caso o la necessità. Però ho voluto copiare integralmente quello che è scritto nella mia copia del libro di Monod. Forse c’è un errore di stampa. Io non ho certo letto Democrito.
Non separerei l’agnosticismo dal nichilismo. L’ateismo è una certezza.
L’agnosticismo è un dubbio.
Ma entrambi possono portare alla perdita dei valori e al vuoto, all’angoscia.
Forse si, la mia è una forma di romanticismo. C’è una poesia di Ungaretti che trovo bellissima e che è anche la mail di uno dei tuoi corrispondenti:
“tra un fiore colto e l’altro donato l’inesprimibile nulla”. Anche se circondati dal nulla i fiori e la vita possono essere meravigliosi. Però hai ragione: i piaceri estetici e goderecci, oltre che l’ironia sono un rifugio.

Successivamente ho letto il trattatello” (Vedere appendici NDA)
Bravo: le stesse cose che avevo pensato da tempo. Che l’assoluto e infinito si scomodi a soffrire per l’uomo e a farsi mettere in croce o si arrabbi con gli uomini, è forse razionalmente assurdo, ridicolo addirittura.
Mi pare che un filosofo secoli fa abbia dichiarato: credo perché è assurdo.
Anch’io avevo pensato ad un dio con grandi poteri (sembra una storia di maghi) ma non illimitati, tanto da non riuscire a sconfiggere il maligno.
Avevo pensato ad un dio che ha costruito un sistema con alcune macchine che non gli sono riuscite bene e che si sono comportate in modo diverso dal previsto. Uomini cattivi, violenti, in preda a tutti i vizi. Questo presuppone l’esistenza di una morale per cui si possa distinguere il bene dal male. Ma anche in tal caso, sempre volando con la fantasia, chi ci dice che questo dio abbia la nostra stessa morale e che consideri come noi una brutta cosa uccidere o rubare?
L’assoluto, sono d’accordo, lo possiamo solo fumosamente immaginare. L’assoluto non è pensabile. “L’assoluto non è pensabile. Il dio della Genesi è perfettamente pensabile e quindi non è assoluto”. Bravo, il ragionamento mi sembra corretto. Ma mi ricorda la prova ontologica dell’esistenza di dio di S. Anselmo. Alla fine è un ragionamento. Anni fa ho scaricato da internet una prova matematica dell’esistenza di dio scritta non da un dilettante ma da Godel. Dovrei cercarla. Il problema è che secondo me la ragione umana da sola non basta.
Poiché sono stato lungo mi limito ad elencare alcuni spunti su cui scriverò in seguito.

Le astrazioni logiche della scienza portano a risultati confermabili sperimentalmente e questo fa pensare. L’universo è scritto in linguaggio matematico? Esiste veramente una corrispondenza e di che tipo tra il pensiero scientifico e la realtà?
La storia dell’umanità è un breve istante paragonato alla storia dell’universo.
La scienza si è sviluppata in una piccola frazione di questo breve istante. Quali saranno i sviluppi futuri se si produrrà una intelligenza artificiale capace di apprendere, provare emozioni ed avere coscienza di sé?
La genetica manipolerà le stesse caratteristiche biologiche e logiche dell’essere umano e fermerà la morte?
La nostra storia purtroppo finirà prima e non lo potremo sapere. L’uomo in tal caso potrebbe essere egli stesso dio, un dio con grandi ma limitati poteri.
E nel frattempo cosa succederà del tumultuoso e inquinato pianeta, con miliardi di persone affamate, violente, ignoranti o ciecamente convinte della religione in cui credono e certe di possedere la verità?
Ti consiglio il libro di John D. Barrow L’infinito – Mondadori.
In esso s’ipotizza che vi possano essere molti universi paralleli a noi sconosciuti. Oppure che il nostro universo sia un enorme gioco, tipo quelli delle play station, pensato da esseri superiori.

A noi non resta che tornare con i piedi per terra. Da ragazzo ero affascinato da alcuni versi di Orazio: vides ut alta stet nive candidum
Soracte nec iam sustineant onus silvae .....

Scusami per la “dotta” citazione che è per dire: ti auguro stasera di bere al caldo un buon bicchiere di vino. Spero che ci sentiremo ancora

Stefano ottobre 2008










Guido Martinoli (agnostico estremo)

Dai miei precedenti interventi è facile dedurre la mia posizione.
C’è però un’ultima storiella che mi preme raccontare.
S’intitola “l’avventura infinita” e, ovviamente, ha per protagonista l’uomo.

Tutto iniziò alcuni miliardi di anni fa, in una sperduta e anonima foresta africana.
Lì uno strano scimmione, non so come né perché né a causa di chi, a un certo punto si accorse di … pensare e, come si dice, di avere coscienza di sé. Stralunato, si girò intorno, guardò in alto e in basso e infine, nell’acqua ferma di uno stagno, vide se stesso e per la prima volta si chiese chi, dove e perché fosse lì. Ben presto si accorse che, col pensiero ancora in rodaggio, non poteva rispondere a quella domanda e la mise in stand by.
Il pensiero però se lo tenne da conto e decise da lì in poi di sfruttarlo, se non proprio e non sempre per quella questione, almeno per le atre “bazzecole contingenti” che via via incontrava. E venne la ruota, il ferro, la polvere da sparo e finalmente, alla fine del diciottesimo secolo dell’era cristiana, la prima mitica macchina quella a vapore di Watt. Nonostante quella strana domanda l’avesse accompagnato sorniona durante quegli anni, per la prima volta lo scimmione, che nel frattempo si era attribuito il nome di Uomo (Homo sapiens sapiens), diventava padrone di un oggetto potente, attivo e animato.
Sarebbe stato seguito via via da altri oggetti sempre più “avanzati” e performanti.
A questo pensarono un certo Diesel, un tale Ferraris fino ad un certo Oppenheimer.
La macchina era cresciuta. Cominciò a diventare macchinario e infine processo.
Erano gli anni sessanta e nuove parole si stavano infiltrando nel mondo degli umani, automazione, programmazione, controllo intelligente. Dopo la macchina automatica qualcuno (i pionieri ci sono sempre stati) buttò in campo la fabbrica automatica, una struttura produttiva con “n” processi controllati e interagenti, che si “accendeva” alla mattina e si spegnava alla sera, fornendo da sola il prodotto desiderato.
Il freddo “pulsante” divenne il nuovo feticcio, al posto del martello e della spada.
Oggi le gigantesche cattedrali del petrolchimico, i complicatissimi impianti siderurgici, ceramici, del cemento, del vetro ecc sono quasi del tutto automatici. L’operatore umano si limita ad assistere passivamente e al più a schiacciare qualche pulsante, anche loro sempre più rari e inutili. Il controllo dei processi si espande come un’ameba famelica.
La prossima “vittima” sarà la stessa città che diventerà ben presto automatica. Un caro amico di Forlì sta progettando e costruendo in Cina una nuova città da duecentomila persone, completamente integrata e automatica, con reti centralizzate per l’acqua, l’aria, l’energia (rinnovabile e non), i combustibili (petrolio gas, biomasse), i rifiuti, ovviamente l’informazione e la comunicazione ecce: l’urbotica è prossima. E poi?
Va da se, attaccheremo la stessa madre terra e, dopo aver dominato temperatura, vento, terremoti e gravità ecco realizzata la geotica. E poi? Su, su ancora alla conquista del sole e sarà eliotica e poi ancora la via Lattea ed infine là in fondo ecco la cosmotica (la caotica non avrebbe senso per definizione).
L’intero universo come processo controllato, dominato e gestito dall’uomo.

E intanto, “quella” domanda? E’ ancora in stand bye? Che fine ha fatto ??
O bella ma è rimasta com’era. Aveva ben altro da pensare l’uomo. Chissà, forse dopo la cosmotica avrà finalmente il tempo di sviscerarla? Possiamo azzardare che fin lì l’uomo sarà giunto anche senza aver chiarito le questioni di fondo. Nonostante la “continua” morte dei singoli quel traguardo potrà essere raggiunto dalla collettività umana (Marx qualcosa c’azzeccò). Ma non sarà ancora l’ultima frontiera. Dovranno essere prese ancora due prede ambite e inevitabili: lo spazio e il tempo e sarà fisiotica.

E quella domanda? La vorrà allora finalmente affrontare?? Qui anche la mia fantasia si esaurisce. Mi assale uno strano incubo. Che quella resti un confine invalicabile? Mah. Eppure mi sembra di vederlo quest’uomo estremo, questo superuomo, che certo avrà cambiato ancora nome e forse, per massimizzare l’efficienza, avrà scelto una monosillaba di massimo tre lettere che dalle origini aveva inventato per tappare un certo buco …
Eccolo il padrone del cosmo e del tempo, della vita e della morte, ma, “incredibile dictu”, ancora non sa chi è e perché c’è.
Pur spremendo come non mai quel pensiero, ridotto ormai a brandelli, non trova quelle ultime risposte. Può rifare il tutto o ridurlo in niente. Ci pensa tra se e se. Esita e non sa che fare. Il pensiero scricchiola, cede. Non sa dove e come cercare ancora l’assoluto.
La scienza e la tecnica sono giunte al limite estremo e si arrendono fatalmente all’angoscia. “Quella risposta” sguscia via imprendibile. Questo quasi Dio non l’ha ancora trovata e lo sa. La disperazione che aveva sempre tamponato pare assalirlo e trionfare.
Si rende conto di aver confuso il mezzo col fine ma è troppo tardi.
Ma ecco che si avanza là in fondo uno strano vecchio con la barba bianca, seguito da un giovanotto sanguinante e una strana colomba …… e all’improvviso un grido echeggia nel vuoto escatologico: “Aiutaci !!”.














Appendice 1: Gli atei e i laici sono credenti
Ecco una proposta di ordinamento linguistico, scontata ma non troppo, riguardante i credenti, i non credenti, gli atei e i laici. Come riferimento/semplificazione utilizzerò l’annosa questione dell’esistenza di Dio, che ovviamente manca ancora di una risposta esaustiva.
Alla base di un’ipotetica piramide colloco i liberi pensatori (filosofi), che, avendo coscienza del loro stato, si chiedono chi sono, da dove vengono, dove vanno e naturalmente se Dio esiste. Già qui, ahimè, perdiamo una larga parte d’individui (la maggioranza), quelli che “non pensano” o pensano a ben altro (a divertirsi, a guadagnare, al milan….).
Tra i pensatori la domanda su Dio genera poi una prima netta separazione.
Da un lato i credenti, che decidono di Dio per fede ma senza giustificazione e dall’altro gli agnostici, che non sapendo (agnoscono) e non credendo, si astengono dal rispondere e dunque non scelgono, pur continuando a ricercare più di prima e forse più degli altri.
A loro volta i credenti (fideisti) sono divisibili in positivi e in negativi. I primi sono i religiosi che credono che Dio esista e addirittura ne conoscono il nome, i metodi e i fini; i secondi sono gli atei che “credono” (infatti anche loro non possono dimostrarlo) che Dio non esista.
Tra i religiosi abbiamo poi i politeisti che ritengono ci siamo tanti Dei (religioni animistiche, mitologiche e precolombiane), i panteisti che considerano Dio il cosmo (taoisti, induisti) e finalmente i monoteisti, che hanno avuto storicamente più fortuna, che si fondano sul cosiddetto”libro” e che sono come noto i cristiani, gli ebrei e gli islamici.
Tra questi ultimi si distinguono infine i ministri del culto (sacerdoti, vescovi, rabbini, iman) e i laici, cioè i fedeli credenti che coordinati dai ministri praticano i riti e la fede.
Alla luce di questo forzatamente succinto schema mi permetto rilevare che:
1) gli atei sono, in effetti, dei credenti, giacché negando Dio senza alcuna prova, fanno il medesimo “salto” dei religiosi (che invece lo affermano), che tanto combattono. In pratica gli atei compiono lo stesso atto di fede;
2) i laici da sempre sono pure loro dei credenti; sono fruitori-collaboratori del culto che altri amministrano. Al contrario negli ultimi anni, stante la dilagante ignoranza, volgarità e massificazione linguistica, il termine laico ha subito una chiara violenza lessicale, essendo ormai correntemente usato per indicare il non cristiano o il non credente. A tal fine più corretto sarebbe usare il termine agnostico, come sopra spiegato;
3) parimenti spesso s’identificano gli atei con gli agnostici e viceversa, dimenticando l’abisso che li separa, che è la fede. In realtà gli atei sono più parenti dei cristiani, che degli agnostici.
4) dalle tante fedi (che in pratica sono una sorta di “convenzioni assolute”, immodificabili, opposte tra loro e prive di fondamenti oggettivi) discendono necessariamente altrettante morali cioè modus vivendi (politica, giustizia, economia), poggianti tutte sui due valori antitetici e caratterizzanti quella certa fede: un certo bene e un certo male. Impossibile dunque trovare accordo completo tra due o più fedi o tra i regimi che esse esprimono. Lo scontro è fatale.
5) è il caso di osservare che la scienza per essere veramente libera deve essere fredda, coraggiosa e omnidirezionale e dunque non può che essere agnostica, priva di fede e perciò di morale. La Scienza cerca la verità che comprende e perciò supera il dualismo bene e male.
6) forse il mondo vivrà in pace se sostituirà alle fedi (convenzioni assolute) la scienza (convenzione relativa, non relativismo) ma questa è fantascienza.
Guido Martinoli,





Appendice 2: Un Dio intermedio

Dopo decine di traduzioni e alcuni millenni d’interpretazioni e deformazioni è arduo apprezzare della Bibbia il suo contenuto vero ed essenziale. Eppure secondo me nella Genesi c’è qualcosa di lapidario, addirittura banale, che raramente si è apprezzato. Qual è il dato di fondo che regge la storia? A me sembra l’indubbio e smisurato livello di potenza disponibile nelle mani di Dio Creatore, l’ente supremo e sovrannaturale, che è regista e attore dell’essere creato. Al contrario non appare altrettanto scontato, che lo stesso Dio Creatore fosse consapevole dell’esito estremo del suo agire. Dio è certo enormemente potente, è pure cosciente, libero e deciso ma tutt’intorno aleggia un clima di rischio e di avventura.
Sembra di percepire un’incertezza di fondo, che pervade drammaticamente e dall’inizio l’intero racconto. Il fatale e quasi gratuito succedersi di eventi primordiali (il primo peccato, l’autocoscienza dell’uomo, la materializzazione di Dio, l’impatto col male, il primo omicidio e altro) non fa altro che accrescere una sorta di suspence continua, che avvince e appassiona. Una specie di “superfato” incombe sul “libro”.
Poi l’incertezza diventa insufficienza. Infatti, nell’affrontare la questione ontologica e cosmogonica, da un lato vengono proposte alcune risposte certo utili e illuminanti su chi, in quanto tempo (seppure usando giorni metaforici), come e che cosa crea, ma dall’altro questi dati sembrano “galleggianti”, privi di fondamento, restando del tutto ignorata e perciò inevasa la domanda principale sul fine o sul senso ultimo della creazione. Ciò nonostante per molti secoli il motore primo che osserviamo agire nella Genesi ha conquistato a tal punto tali e tanti pensatori, da considerarlo capace di girare, accelerare e travolgere tutto con sé, come se fosse oltre che onnipotente anche onnisciente e …… in una parola assoluto.
A mio giudizio il testo biblico, scarno e letterale, si guarda bene invece dall’andare tanto oltre. Rimane un resoconto giornalistico, un diario che annota l’interazione tra essere e Dio, con connotati decisamente spettacolari ma meramente contingenti. Non ci sono commenti e soprattutto non c’è alcuna strategia.
La Genesi afferma essenzialmente che Dio, potendo creare, crea, cioè fa essere dal nulla e il possibile da potenziale diventa reale. Non ci dice però il perché o a quale fine tendesse il creatore. Che la spinta potesse essere l’amore, seppure universale, pare contraddire il presupposto della potenza smisurata, giacché in tal caso essa si troverebbe vinta e sottomessa dal sentimento, una forza perciò ad essa superiore e più potente. Parimenti non si vede come possa reggere come scopo ultimo di cotanta vicenda la misera e conclusiva separazione tra beati e dannati nel fatidico giudizio universale.
Quale sarebbe l’utilità? Ne valeva la pena? Se sì, la montagna avrebbe partorito un topolino.
Lo stesso cristianesimo accetta in fondo questa incertezza sul vero fine ultimo, onnicomprensivo e certo doveroso della creazione e dell’essere. Arriva addirittura a metterla (l’incertezza) in positivo, a giustificarla, trasformando quell’ignoto, carico d’angoscia, nella dimensione più accattivante e rassicurante del mistero.
Ed ecco delinearsi il “tormentone” decisivo che accompagnerà il lettore fino all’Apocalisse.
Il mistero c’è, resta insolubile ma è accettabile. E’ bene anzi è meglio per l’uomo non sapere, altrimenti ne soffrirebbe. Si pensi all’albero della conoscenza dell’Eden, all’altra spettacolare scena che mostra Mosè che si copre il volto per salvarsi al passaggio del carro di Dio, fino al posteriore e cristologico “non sta a voi conoscer il dove e il quando…….”.
Infine è proprio sul mistero che si fondano la speranza in una salvezza finale, la stessa fede in Dio Padre e infine la stessa libertà dell’uomo.
Ma a rigore resta ancora praticabile un’ulteriore e forse più semplice ipotesi o spiegazione, cui stranamente si è dato finora poco spazio. Come detto, l’anonimo autore biblico, che pare il portavoce ispirato di Dio, si guarda bene dal dirci qual è il traguardo finale. Come mai? Perché non vuole o perché non può? Sceglie il silenzio oppure ci è costretto? Non è che anche a Lui la verità è … ignota, non la sa.
In effetti, la potenza creatrice, per quanto poderosa, efficace e forse efficiente, non è direttamente associabile alla verità e all’assoluto. E neppure l’aggiunta di coscienza, di intelligenza e di volontà, variabili certo che non possiamo negare in Dio, fa accedere quella potenza alla verità. Si può fare anche senza conoscere dove si va a sbattere. La scienza insegna. Anche l’uomo nel suo piccolo sembra dominare le micro particelle e il macrocosmo, dimostrando intelligenza e consapevolezza, eppure anche la sua potenza è confinata per adesso al più tra 10-30 e 10+40 metri.
Che ci sia qualcosa e cosa sia a 10-200 o a 10+400 l’uomo non lo sa. Certo potrebbe saperlo Dio ma anche lui dovrebbe forse fermarsi a 10-100000…… ………….. Superuomo certo, ma forse non assoluto.
Riassumendo: per la prima ipotesi, da sempre vincente, Dio, pur conoscendo l’assoluto (che peraltro, essendo da lui conosciuto sarebbe altro da se, generando contraddizione), non ce lo rivela, per lasciarci liberi e quindi, se vogliamo, credenti; invece per questa seconda e nuova proposta anche al sommo creatore può sfuggire l’assoluto, e la creazione si pone come mezzo per conquistarlo.
Ma qui val la pena di focalizzare di che assoluto-verità si tratti. Non si tratta della verità semplicemente terrena o fisica, seppure eterna e infinita, ma di quella estrema e dunque ovviamente metafisica.
E’ la verità che comprende tutte le altre, superandole, compresi il bene e il male. E’ il sapere totale di Hegel che diventa il “capire tutto”, un concetto che anche l’uomo mortale riesce fumosamente ad immaginare. E’ l’episteme di Socrate, è il senso ultimo ed esaustivo dell’essere che chiede alla luna il pastore errante nell’Asia, è la fine della dialettica e il trionfo della “meccanica”, giacché è l’ultima risposta, quella che insegue da sempre la stessa scienza, quella che non genera più altre domande.
Vista in questa prospettiva la creazione cambia totalmente aspetto. Dio si declassa e crolla a superuomo. Come noi anche lui sente la bramosia spasmodica di capire tutto, teme di non riuscirci e non può che giocare tutte le sue carte per almeno provarci. E la sua carta jolly è proprio la smisurata potenza (per noi) che si ritrova addosso. Il suo gesto è disperato. Infatti, come non pensare che questa sua ignoranza, seppure metafisica, gli impedisse anche di conoscere la provenienza di tale potenza?
Ma c’è di più e il domandare si fa lacerante, toccando una profondità abissale: come per l’uomo, anche questo nuovo Dio ( …. a nostra immagine e somiglianza) potrebbe ignorare e perciò cercate angosciosamente la sua stessa origine. In sostanza perché escludere un’ontologia metafisica?
E allora dobbiamo mettere in campo le domande fatidiche che anche questo Dio, adesso solo superuomo, si sarà posto e riposto più volte: chi sono Io? Perché sono qui e sono tanto potente? E via via tutte le altre che, mutatis mutandis, si pone anche il misero pastore errante.
Dio perde la sua dimensione assoluta, insostenibile per definizione, stante l’ignoranza della verità.
Parimenti la creazione perde la sua aurea sentimentale e il presunto atto amoroso si trasforma in esperimento, in tentativo. La verità, si conosce completamente o si rischia l’illusione.
Da tutto questo però non emerge soltanto la scontata e interminabile catena di causa ed effetto, con la solita empasse sulla causa prima incausata. Qui s’introduce una variabile nuova: la coscienza e l’intelligenza dell’ente, che da effetto vuole risalire tragicamente alla causa. Quella catena fredda, meccanica e senza senso qui si riscalda. Ci sono degli anelli che reagiscono, che non si accontentano di tendere la catena ma che vogliono risalire alla cima. L’anello passivo diventa attivo, si guarda attorno curioso e cerca il gancio in alto. Ed ecco la magica parola che caratterizza questo nuovo approccio: alleanza. Una parola semplice ma che qui assume significati giganteschi e forse sottovalutati.
E’ proprio con Abramo, agli albori dell’epopea giudaico-cristiana, che Dio padre stringe la famosa alleanza col popolo eletto. Stranamente non si parla di protezione, di soccorso o di formazione, termini certo più adatti per le nette differenze delle parti in gioco, ma si usa espressamente “Alleanza”, come tra due eserciti in guerra contro un nemico comune. Va da se che l’alleanza presuppone per gli alleati lo stesso nemico da combattere, gli stessi interessi da difendere e lo stesso obiettivo da raggiungere. Niente di più facile l’interpretazione in questo caso. Qui l’interesse coincide con l’obiettivo e non può che essere ancora e sempre l’EPISTEME. Creatore e creatura sono simili proprio in questo: mancano dell’assoluto ma lo bramano. Dio padre dunque spera ben altro che semplice amore dall’uomo, giacché non basterebbe al fine presunto. L’amore al più sarà utile se non necessario come mezzo per l’ambita meta, che manca a entrambi. Fortunatamente (per Dio) l’uomo, creatura sui generis in quanto libera e perciò “incontrollabile”, accetta l’alleanza (poteva rifiutarla) e con Dio va alla ricerca dell’EPISTEME.
Anche Dio sembra gioire dell’accordo, non tanto e non solo per aver trovato corrispondenza amorosa, ma perché spera che dalla nuova sinergia con l’uomo possa finalmente scaturire la scintilla o l’idea, umana o divina poco importa, che, nell’impalpabile destino che li ammanta, li possa portate al traguardo sospirato. Che tale progetto comporti una guerra con un nemico comune (il male) resta per ora oscuro ma tant’è ……. Ne riparleremo.



















Appendice 3: E se anche Dio cercasse l’assoluto?
Da lungo tempo si cerca una soluzione alle continue e talvolta banali contraddizioni presenti nella Bibbia. Dall’apparente e insanabile negatività del male, che poi si trasforma al contrario in utilità e necessità per il bene (senza Giuda non c’è salvezza ...), alla forse più lacerante è certo primordiale empasse riguardo al motivo vero per cui l’assoluto possa arrivare a fare qualcosa, come creare il mondo, amare, compiacersi del creato, soffrire e sperare. Forse che così facendo diventa più assoluto?
Che un Dio siffatto coincida con l’assoluto ha sempre lasciato perplessi, generando equivoci e conflitti interminabili, superabili solo ricorrendo a quella medicina magica, multifunzione, gratuita e tappabuchi che è la fede.
Ma il pensiero per sua natura critico e indagatore ha sempre stentato a credere e a crederci, giacché così come si può credere a quello si può anche credere a quell’altro. La fede mette una pezza ma non risolve.
C’è però un’ipotesi che se da un lato ridimensiona Dio, dall’altro riduce alquanto (non annulla) il ricorso alla fede, rendendo perciò più credibile e quasi sostenibile l’agire di un Dio Padre e Creatore nella Genesi.
La proposta è di collocare Dio qualche gradino superiore a noi, sue semplici creature, ma inferiore nettamente al livello estremo e insuperabile dell’Assoluto. Proviamo cioè a pensare un Dio come una sorta di superuomo, intermedio tra noi e l’assoluto, in una scala di valori che dal sasso inerte cresce e culmina appunto nell’assoluto.
Già ma di quale assoluto parliamo? Non si tratta certo dell’assoluto-verità semplicemente terrena o fisica, seppure eterna e infinita, ma di una verità estrema, terminale e dunque metafisica.
E’ La Verità che comprende tutte le altre, superandole, inclusi il bene e il male, l’universo e i “multi versi”.
E’ il sapere totale di Hegel, che diventa il “capire tutto”, un concetto che anche l’uomo mortale riesce fumosamente a immaginare. E’ l’Episteme di Socrate, è il senso ultimo ed esaustivo dell’essere, che implora disperato alla luna il pastore errante nell’Asia, è l’ultima risposta, quella che insegue da sempre la stessa scienza, quella che non genera più altre domande. Ma attenzione, qui si annida l’insidia! Se continuiamo ad aggiungere nuove qualità, per meglio visualizzare l’assoluto, rischiamo di deformare proprio la sua vera essenza. Infatti, la peculiarità “somma” dell’assoluto è tutto sommato più facile e lapidaria, essa è in effetti la semplice “NON RELAZIONE”. L’assoluto non ha relazione, non è in relazione, non è dialettico per definizione e dunque è “assolutamente” meccanico. Che l’assoluto sia cosiffatto e come possa essere senza relazione, essendo in ogni caso disponibile trasversalmente la categoria della relazione, non so che dire, del resto neppure io sono o conosco completamente l’assoluto. Fatto sta che noi o meglio, il nostro pensiero, irrimediabilmente greco e dualistico, possiamo solo essere DI RELAZIONE. Quando pensiamo ci poniamo fatalmente e necessariamente in relazione, oppure poniamo qualcosa in relazione con altro. La dialettica relazionale è una gabbia invalicabile, che racchiude e soffoca il pensiero. Non può uscirne. Anche le più grandi categorie e valori della filosofia sono relazionali, dalla bellezza alla giustizia, dalla politica alla libertà, alla fisica e alla matematica. Non possiamo pensare nulla se non in relazione con qualcosa (compresa l’ontologia tra essere e nulla). Ma se tutto ciò che pensiamo è in relazione, allora non possiamo pensare la “non relazione” o il senza relazione (ritorna l’empasse precedente). Dunque l’assoluto non è pensabile. Il Dio della genesi, che non solo opta ma esalta la relazione con il creato e con le creature, è perfettamente pensabile e dunque non è l’assoluto.
E qui, en passant, è doveroso e quasi scontato chiedersi se lo fosse mai stato prima. Ma che l’assoluta possa essere temporale o spaziale e perciò essere stato prima qualcosa e dopo qualcos’altro è ovviamente contraddittorio e non ci sarebbe fede che tenga. Dunque cade anche l’ipotesi evoluzionistica dell’assoluto.
Ma se in tal modo il creatore ci appare non assoluto, sembra scontato ritenere che tale consapevolezza debba averla avuta Lui stesso, prima e senza di noi. Dunque va da se, che anche quel Dio non avrebbe potuto evitare “mutatis mutandis” le fatidiche domande sull’assoluto e come noi non avrebbe potuto esimersi dal fare di tutto, giocando tutto se stesso, compresa la smisurata potenza, per raggiungerlo. Emerge dunque un Dio limitato e “metafisicamente impotente”, che come noi, davanti ad un ignoto superiore, non può fuggire il problema esistenziale.
L’ontologia riguarda drammaticamente anche Lui e diventa trascendente.
La creazione adesso appare nella sua essenza. Non già un atto di amore spassionato, ma un vero e proprio tentativo o esperimento di ricerca, in vista dell’unico e onnicomprensivo traguardo: l’assoluto.